
Annuncio choc del campione "Lascio, adesso ho un figlio"
di Manuela Plastina
"Scendo dal ring per mio figlio". Giacomo D’Aquino, il campione di kick boxing disciplina K1, lascia le competizioni per dedicarsi alla famiglia. A 34 anni, fisicamente al massimo delle sue forze, a poco più di un anno dalla vittoria del titolo europeo da professionista 56,4Kg, continuerà a fare il suo sport da allenatore, nel Team Marceddu Firenze Sud avviato col collega Francesco Valtancoli alla Casa del Popolo di Grassina, vicino a San Donato in Collina dove vive. Dopo 15 anni tra attività agonistica da dilettante e professionista, 51 match, 35 vittorie, 13 sconfitte e il resto pareggi, lascia per amore del figlio e della sua compagna Anna. Una decisione che ha preso da solo, senza condividerla con lei né con l’allenatore di sempre, Gianpietro Marceddu. "Anche se spesso cerchiamo di evitare di ammetterlo, chi sale sul ring bene o male corre dei rischi: io non sono più disposto a rischiare". Da quando è nato suo figlio, che ha appena compiuto due anni, il punto di vista è cambiato. "Combattere significa anche avere poco tempo per i propri cari: ogni match porta via tutte le energie mentali - spiega -. La concentrazione su se stessi e il combattimento da affrontare poi tolgono attenzione nei confronti dei propri allievi. A Grassina abbiamo un team agonistico di 15 persone, che vanno dai 10 ai 30 anni: meritano tutta la mia attenzione".
Giacomo ha esordito nella kickboxing a 18 anni, dopo un passato da calciatore. "Era un momento difficile per me, il "mio buco nero". Ho iniziato per seguire un amico, poi sono andato a Londra per un’esperienza di vita. Tornato, a 20 anni, ho ripreso questa disciplina che mi ha permesso di superare le mie ansie, incertezze, paure". Da lì è stato un crescendo, concluso con l’ultimo match pochi giorni fa in Francia contro Akram Hamidi, uno dei top 5 mondiali. L’incontro è finito al secondo round con KO dopo una ginocchiata al fegato. "Non ho subito conseguenze, ma avevo affrontato questo match non come si dovrebbe: da mesi pensavo ai rischi che correvo e a quanto devo al mio bambino, ad Anna e ai miei allievi. Se sul ring la testa non è testa al 100%, rischi. Combattere con un campione del genere, mi ha fatto prendere la decisione definitiva, che ho riferito al mio allenatore per telefono".
La compagna, conosciuta nel 2019, lo ha sempre sostenuto e gli continua a domandare se sia una scelta giusta. "Sì, lo è – le risponde Giacomo –. Perché al di là delle vittorie sul ring, la mia vittoria più bella è mio figlio. Continuerò in questo sport, che è la mia vita, ma sostenendo altri ragazzi".