Firenze, Il Misantropo di Molière in scena alla Pergola

In prima nazionale dal 16 al 21 maggio, Andrée Ruth Shammah dirige Luca Micheletti

Il Misantropo di Molière

Il Misantropo di Molière.

Firenze, 15 maggio 2023 - Al Teatro della Pergola, in prima nazionale dal 16 al 21 maggio, Andrée Ruth Shammah dirige Luca Micheletti ne Il Misantropo di Molière nella traduzione di Valerio Magrelli: un’edizione vivace, rispettosa del testo e delle sue intenzioni, ancora così vive.

Una commedia amara in cui non è previsto il lieto fine. Lo spettacolo, prodotto da Teatro Franco Parenti, Teatro della Toscana, prosegue la ricerca di Shammah su Molière nella volontà non solo di portare lui verso di noi, ma soprattutto di avvicinare noi a lui. Un omaggio a uno dei più grandi uomini di teatro di tutti i tempi. Nel ruolo del protagonista Luca Micheletti, baritono, attore, regista, uno dei teatranti più originali, eclettici e visionari della sua generazione. Lo affiancano in scena Matteo Delespaul, Pietro De Pascalis, Angelo Di Genio, Filippo Lai, Pietro Lancello, Marina Occhionero, Emilia Scarpati Fanetti, Andrea Soffiantini, Vito Vicino, Maria Luisa Zaltron e Corrado D’Elia. Nel 1666 Molière debutta con il suo Misantropo: una commedia amara e filosofica, anomala e profetica, secondo molti il suo capolavoro – «un classico del Novecento», scrive Cesare Garboli, «scritto tre secoli fa». Al Teatro della Pergola, in prima nazionale dal 16 al 21 maggio, Andrée Ruth Shammah dirige Luca Micheletti in quello che è uno dei testi più crudeli di Molière, spaccato impietoso della società barocca, nato dalla sua solitudine e dalla sua crisi per la censura di Don Giovanni e Tartufo e per l’abbandono della moglie. Con tutti i suoi personaggi incipriati, “indaffarati senza aver nulla da fare”, Il Misantropo rinuncia alla comicità dirompente tipica dell’autore francese. È un lavoro totalmente “al presente”, violento, potente, perturbante. Una commedia tragica, venata di una forma di umorismo instabile e pericolante, che porta in sé, appena al di sotto della superficie comica, le vive ferite e il prezzo altissimo costato al suo autore: in essa emergono le nevrosi, i tradimenti, i dolori di un personaggio capace di trasformare tutto il proprio disagio e la propria rabbia in una formidabile macchina filosofica, esistenziale e politica, che interroga e distrugge qualunque cosa incontri nel suo percorso. Ma questa commedia è allo stesso tempo anche il dramma di un essere inadeguato alla realtà, l'allucinata tragedia di un uomo che si scontra con il femminile. Difatti, il grande attore e registra francese Louis Jouvet diceva di questo testo che «è la storia di un uomo che vuole avere un incontro decisivo con la donna che ama e che alla fine di un’intera giornata non ci è ancora riuscito». Il protagonista, Alceste, interpretato da Micheletti, baritono, attore, regista, uno dei teatranti più originali, eclettici e visionari della sua generazione, è un giovane rabbioso di sincerità, calato in un mondo ipocrita e ciarliero, il mondo che permette il nascere di chi come Tartufo prospera in un clima di ipocrisia, sfruttandoli a fini personali. Ha una sua dirittura morale, un suo rigore intransigente, pretende di dire sempre la verità, anche quando è scomoda. Alceste è un isolato, che scava intorno a sé un abisso incolmabile, nel quale finisce con lo sprofondare anche il suo amore per Célimène, la civettuola per antonomasia, interpretata da Marina Occhionero, leggiadra e superficiale, che accetta le lusinghe di tutti. Questa “signora dei salotti” è attorniata da una corte mondana, composta da Philinte di Angelo Di Genio, Oronte di Corrado D’Elia, Basco di Andrea Soffiantini, Eliana di Maria Luisa Zaltron, Clitandro di Filippo Lai, Lacasta di Vito Vicino, Orsina di Emilia Scarpati Fanetti, Du Bois di Pietro De Pascalis, il Secondo Servitore di Matteo Delespaul, la Guardia di Pietro Lancello. Le scene sono di Margherita Palli, i costumi di Giovanna Buzzi, le luci di Fabrizio Ballini, le musiche di Michele Tadini, la cura del movimento è di Isa Traversi. Una produzione di Teatro Franco Parenti, Teatro della Toscana. Célimène non vuole rinunciare a niente, né all’amore esclusivo di Alceste, né al gioco seduttivo della sua schiera di pretendenti. Alceste, d’altra parte, s’impegna in una lotta che combatte nella solitudine del suo orgoglio, sorretto da una fede cieca nella bontà delle sue idee. Tappa per tappa, finisce con lo scoprire che non c'è posto per lui in quel mondo; è la fine dell'utopia della verità, il naufragio di un'idea, piuttosto che un volontario isolamento. Il Misantropo racconta di un uomo come noi: si indigna per ciò che desidera, soffre nella testa e nella carne, muovendosi in una società dove l’apparenza prevale sui valori.

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