MAURIZIO COSTANZO
Firenze

16 aprile 1977, il giorno di Apple II. Quando il computer divenne per tutti

Dal passato al presente: se sui social vi siete imbattuti in termini come “I.Y.K.Y.K”, “Delulu” e “tea”, sappiate che fanno parte di un nuovo glossario. Ecco cosa significano

Computer (foto di repertorio)

Computer (foto di repertorio)

Firenze, 16 aprile 2024 – Il 16 aprile del 1977 veniva presentato al pubblico l'Apple II nel corso della prima fiera delle novità dell'industria informatica, la West Coast Computer Faire. Fu una rivoluzione: ha infatti permesso alla prima generazione di crescere con i computer. Apple II era infatti rivolto al consumatore tradizionale e non solo alle aziende. Fu dei primi personal computer a essere prodotto a livello industriale. Mentre l'Apple I era principalmente per gli hobbisti, con meno di 200 unità prodotte, l'Apple II ha veramente 'cambiato il mondo' dando a circa 6 milioni di case e aziende il loro primo assaggio di personal computer. Senza questa diffusione dei pc, l’era del web, e dei social, non sarebbe stata possibile.

Dal passato al presente. Le novità, quando si parla del web, non finiscono mai. Ne sono un esempio i social media, che oltre a “catturare” diversi momenti della quotidianità delle persone - sono oltre 5 miliardi i profili attivi sui social network e 2 ore e 23 minuti al giorno il tempo trascorso mediamente nel 2023 dagli utenti sulle piattaforme - hanno contribuito ad influenzare profondamente anche il linguaggio. “Per riuscire non solo a comprendere le conversazioni sulle varie piattaforme, ma anche a parteciparvi attivamente - spiega Sofia Zambelli, linguista e curriculum manager di Babbel Live - occorre conoscere appieno le sfumature di significato che si celano dietro ai termini utilizzati”. Per questo Babbel, l'ecosistema leader nell’apprendimento delle lingue, ha raccolto una serie di acronimi e neologismi diventati virali. Se leggendo i post vi siete imbattuti in “I.Y.K.Y.K” a “Delulu”, “tea” e “dupe”, sappiate che fanno parte del nuovo glossario dei social media. Ecco cosa significano. B.A.E.: utilizzato per esprimere affetto sui social e per definire una persona con cui si è coinvolti romanticamente. P.O.V. Sui social si aggiunge nelle didascalie dei video girati in primo piano che invitano lo spettatore a immedesimarsi nella situazione raccontata, in genere ispirata ad episodi della vita quotidiana (es. “POV: sono l’amica che arriva sempre tardi”). I.Y.K.Y.K. L'abbreviazione “i.y.k.y.k.” significa “if you know, you know” (“se lo sai, lo sai”) e si utilizza in relazione a immagini, video e altri contenuti per fare riferimento a una battuta “interna” a un gruppo ristretto di persone, di solito appartenenti allo stesso “fandom”: solo chi conosce i fatti accaduti in precedenza è infatti in grado di comprendere la battuta. G.O.A.T.: espressione tipica delle conversazioni online incentrate su personaggi celebri e stimati (dal mondo dello sport al cinema e allo spettacolo), sta per “greatest of all time”, “il più grande di tutti i tempi”: accompagnata spesso dall’emoji di una capra, e viene impiegata per definire una persona talentuosa. It’s giving: questa frase inglese traducibile in italiano con “mi sta trasmettendo” è impiegata per descrivere le “vibes” (quindi tutto ciò che evoca un’atmosfera o un’emozione) trasmesse da oggetti, luoghi o persone. Per esempio, per descrivere qualcuno che ha un look caratterizzato da una prevalenza di colori scuri si potrebbe dire “it’s giving rockstar”. Era: il termine il cui utilizzo è cresciuto particolarmente nell’ultimo anno anche grazie al tour mondiale di Taylor Swift (“The Eras Tour”) potrebbe essere considerato un sinonimo di “fase”. Si può utilizzare la parola “era” per etichettare le priorità imposte in un determinato momento della propria vita: per esempio, essere nella propria "villain era" (“fase cattiva”) vuol dire iniziare a rifiutare le aspettative sociali, oppure entrare in una nuova “healing era” ("fase di guarigione") significa cominciare a dedicare del tempo al miglioramento della propria salute mentale. Tea: il termine “tè” è usato per riferirsi a pettegolezzi o informazioni riservate, e di conseguenza, può essere tradotto come “verità”. Nelle conversazioni sui social media è spesso inserito nella frase “spill the tea” (“versare il tè”), in altre parole condividere dettagli succosi o esclusivi in precedenza tenuti segreti. La parola è stata adottata anche dalle celebrità, che la utilizzano spesso quando rivelano informazioni private sulle proprie vite. Dupe: traducibile con la parola “inganno”, quello dei “dupe” è ormai diventato a tutti gli effetti un popolarissimo trend social, soprattutto su Instagram e TikTok. Si tratta di un hashtag di tendenza che categorizza video in cui si fanno delle “analisi comparative” fra prodotti di noti brand di lusso (soprattutto del settore abbigliamento e beauty) e prodotti economici che li emulano e che possono essere considerati in apparenza “copie” fedeli degli originali. Di recente, il termine si sta diffondendo anche nel mondo dei viaggi per definire quelle destinazioni più economiche e meno inflazionate che sembrano “cloni” di mete più popolari e costose. Cap e Sus: si dubita sempre più spesso dell’autenticità dei contenuti che circolano sui social media. Come distinguere il vero dal falso? Su TikTok, uno dei metodi utilizzati è proprio uno slang tipico della piattaforma: utilizzare il sostantivo “cap” (“berretto”) significa avvisare gli utenti che il contenuto è falso, mentre “no cap” (“niente berretto”) significa che è sincero. Quando invece si questiona la veridicità di un post, si utilizza l’anglicismo “sus”, abbreviazione di “suspicious” (“sospettoso”) o “suspect” (“sospetto”). Delulu: uno degli slang che si è diffuso maggiormente negli ultimi anni tra i giovani, “delulu”, deriva dall’aggettivo inglese “delusional” (“delirante”) e descrive una persona con convinzioni o fantasie impossibili da realizzare. Si usa spesso in relazione alle “cotte” romantiche che i fan si prendono per note celebrità, soprattutto appartenenti a giovani gruppi musicali. Nasce oggi Anatole France nato del 16 aprile 1844 a Parigi. Premio Nobel per la letteratura nel 1921. Era figlio di un libraio e trascorse gran parte della sua vita a cercare libri in giro per il mondo. Ha scritto: “Se un milione di persone dice una cosa stupida, sappiate che la cosa non cessa di essere stupida”. Maurizio Costanzo