TOMMASO CARMIGNANI
Sport

Possesso palla e 4-3-3, la ricetta di Zanetti

Propensione al gioco offensivo e grande pressing nella metà campo avversaria. Cambia l’allenatore, ma la filosofia resterà la stessa

di Tommaso Carmignani

Propensione al giro palla per vie centrali, attacco sulle fasce, attitudine offensiva e pressing alto sulle transizioni negative. Concetti che i tifosi dell’Empoli, ormai, conoscono bene. Seppur con le dovute differenze, sono anni che la società sceglie allenatori con queste caratteristiche. Dietro c’è la volontà, precisa, di proporre un calcio che diverta, ma c’è anche l’intenzione di valorizzare i singoli ed in particolare i giovani. La scelta di Paolo Zanetti va esattamente in questa direzione. Un tecnico giovane, ma con idee precise. Simili a quelle del suo precedessore, ma non necessariamente uguali. Negli anni passati, col suo Venezia, ha sempre messo in difficoltà l’Empoli, sia quello di Dionisi che di Andreazzoli, offrendo un calcio offensivo ma mai spregiudicato, attento alla fase di non possesso ma al tempo stesso deciso a valorizzare i giocatori di talento che aveva a disposizione. I lagunari non sono riusciti a centrare la salvezza, ma quello che Zanetti aveva fatto l’anno prima portandoli in serie A aveva quasi del miracoloso.

Partendo da dietro, il primo particolare che si nota è la volontà del tecnico di Valdagno di avere un portiere bravo a giocare con i piedi. La sua costruzione dal basso va sempre a coinvolgere i due centrali difensivi, mentre al mediano basso viene chiesto di abbassarsi per dialogare con loro. Il modulo di riferimento è stato, nei due anni di Venezia, un 4-3-2-1 che all’occorrenza sapeva trasformarsi in un 4-3-3. Zanetti è un allenatore che predilige molto il possesso palla che non prevede verticalizzazioni immediate. Nella fase di costruzione della manovra vengono quindi chiamati in causa tutti i giocatori, non viene mai saltato un reparto e tutti ruotano per muovere gli avversari affinché, attraverso la trasmissione della palla, la squadra possa salire portando molti giocatori nel centrocampo avversario. Gli esterni restano alti ed offrono soluzioni alternative sia nella costruzione dal basso che negli ultimi trenta metri. Il suo Venezia, specialmente quando c’era Mazzocchi – molto simile per caratteristiche all’azzurro Stojanovic – puntava molto a liberarlo dalle marcature per mandarlo all’uno contro uno e, di conseguenza, al cross. Non ci sono, in questo, grandissime differenze con il gioco proposto da Andreazzoli e da Dionisi. Anche Zanetti, come loro, predilige un calcio fatto di controllo della manovra e baricentro alto.

Particolarmente interessante è però il modo in cui l’allenatore veneto organizza sia la fase difensiva che le transizioni negative. In quest’ultimo caso il suo Venezia era solito applicare una sorta di gegenpressing in cui i giocatori, una volta perso il pallone nella metà campo avversaria, si stringevano intorno al portatore in una sorta di gabbia per cercare di recuperarlo subito. Nelle situazioni di difficoltà, invece, Zanetti è solito applicare linee molto strette e fare grande densità per vie centrali, in modo tale da costringere gli avversari ad andare sulle fasce dove è più semplice recuperare il pallone. Questo è successo soprattutto contro quelle squadre in grado di avere il predominio territoriale. Ne sa qualcosa soprattutto l’Empoli, che ha sperimentato più volte la capacità del Venezia di fare questo tipo di difesa, basti pensare alla gara dell’andata di quest’anno dove i lagunari furono capaci di incartare fin da subito il gioco. In questo caso Zanetti è bravissimo ad organizzare un calcio fatto di grande attenzione e di folate offensive, un po’ come faceva anche l’Empoli di Dionisi in certe gare nella scorsa stagione.