Montaione, 15 settembre 2016 - "Ci costituiremo in giudizio come parte lesa sia per danno di immagine che, nel caso sia confermato, per danno ambientale". Non ha dubbi né esitazioni il sindaco di Montaione, Paolo Pomponi. Vuole vederci chiaro e poi agire, intenzionato a difendere il suo territorio. Una vera bomboniera amata da turisti stranieri e italiani, a caccia di panorami mozzafiato ed eccellenze enogastronomiche. Un angolo di paradiso da investimenti milionari, vedi quelli che hanno portato alla rinascita del borgo di Castelfalfi, minacciato dalla bufera ‘traffico illecito di rifiuti’, scoppiata martedì. L’indagine è un fulmine a ciel sereno arrivato al termine di un’operazione della Finanza. Oltre 250 militari hanno dato esecuzione a quanto deciso dal gip del tribunale di Firenze Angelo Pezzuti su richiesta della procura distrettuale antimafia. Sei imprenditori, cinque toscani e uno veneto, sono stati arrestati, 31 persone risultano indagate a vario titolo. Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, truffa ai danni di un ente pubblico e falsità ideologica, i reati contestati nel corso dell’inchiesta dal doppio filone. Con il secondo, focalizzato sull’attività di una società pisana che appunto ha fatto tappa pure a Montaione. Su alcuni terreni agricoli sarebbero stati riversati fanghi altamente nocivi in quanto non trattati: tra i Comuni di Montaione, Peccioli e Palaia, le Fiamme gialle hanno accertato che gli sversamenti nocivi sono stati di almeno 45mila tonnellate, con proventi illeciti pari a circa 2,5 milioni di euro. Il tutto ‘grazie’ all’attività della società pisana che, praticando prezzi assai competitivi, era divenuta leader nel trattamento di prodotti reflui in arrivo da depuratori di fanghi industriali della Toscana. «Il quadro, se confermato, è gravissimo – ribadisce il sindaco – Lo è in senso assoluto e, a maggior ragione, per una realtà come la nostra che fa della qualità del territorio un’eccellenza. Per Montaione il turismo è un settore chiave ed è facile comprendere come vedere il proprio nome legato a un contesto del genere sia dannoso. Tremendamente dannoso, più che mai se sarà accertato anche l’inquinamento delle terre che hanno accolto questi reflui». Un bel guaio davvero, anche perché il paese valdelsano tra le sue peculiarità ha pure quella di essere città del pane. «Al momento posso dire poco – prosegue Pomponi –. Non ho preso contatti con l’azienda agricola interessata, c’è un’indagine in corso e voglio acquisire ogni informazione utile. Questa è la priorità, sapere. Detto questo, voglio precisare che la storia di questi sversamenti mi tocca sin dai giorni del mio insediamento. A più riprese abbiamo cercato di trovare una soluzione per porre loro fine o limitarli. Non sospettavamo certo un rischio inquinamento, ciò che creava problemi erano le maleodoranze legate allo spargimento dei fanghi. Purtroppo però il Comune può poco, sono altri gli enti competenti. Ci siamo messi in contatto con l’allora Provincia per capire cosa fosse possibile fare. Abbiamo evidenziato le criticità legate al viavai di grossi mezzi, richiedendo ne fosse inibito il passaggio in deroga ai limiti di peso in vigore su alcune strade. Abbiamo verificato con Arpat la qualità dei fanghi e con i tecnici la loro corretta ‘stesura’. Abbiamo fatto ciò che potevamo. Alla fine, in virtù di un accordo bonario con la società ‘gestore’ dell’attività, siamo riusciti a concordare una riduzione al minimo dei movimenti di trasporto e sversamento, concentrati in fasce orarie specifiche almeno in estate. Ovvero nell’alta stagione turistica. Noi, ripeto, eravamo convinti di dover arginare il guaio maleodoranze, mai avremmo immaginato quello che pare emergere adesso».