
Passiamo per via Dante e notiamo un immenso edificio che accompagna la strada da Fucecchio a Santa Croce per un bel tratto. E’ in pessime condizioni, desideroso di essere considerato o , quantomeno riconsiderato. Ebbene sì, un tempo aveva un nome e si chiamava Saffa, dava lavoro a moltissimi operai e, nella sua più fervente epoca, fabbricava fiammiferi. La sua storia è pressoché sconosciuta a molti, specialmente a tanti di quei giovani che oggi vedono solo un’area destinata a zona industriale o forse meglio artigianale, dove poche fabbriche operative hanno stabilito il loro posto di lavoro.
Era il 1900 quando le “Fabbriche riunite” dei fratelli Taddei, con sede a Milano, realizzarono a Fucecchio una fabbrica di fiammiferi, successivamente acquistata dalla Saffa (Società Anonima Fiammiferi) e collocata nell’area di via Dante. Fu per Fucecchio il primo passo verso l’industrializzazione e nel 1936 vi lavoravano circa seicento persone. Non era solo una fabbrica; rappresentava per il paese un’identità, una forma di aggregazione, tanto che diede vita a squadre di calcio, squadre ciclistiche e giornate fuori porta per i suoi dipendenti. Lavorare alla Saffa era una garanzia, “il posto fisso“ insomma.
La storia però è a volte tragica e con la seconda guerra mondiale, di cui Fucecchio fu teatro nel
1944, quando anche 8 operai della fabbrica furono deportati nei Campi di Concentramento di Auschwitz senza fare più ritorno.
La Saffa inizìò così il suo lento, ma irreversibile declino.
Gradualmente le funzioni di segheria, falegnameria, pannelli di populit e paglia da imballaggio si interruppero e nel 1952 la Saffa fucecchiese dava lavoro a 260 persone; dunque una regressione in termini di posti di occupazione.
La Saffa quindi stava attraversando quel periodo di cambiamento che il progresso industriale scandiva e, dopo aver ridotto le unità lavorative a 135 nel 1965, vi fu una svolta decisiva.
Era infatti il 1969 quando venne acquistata dalla Beni –Immobili di Anna Bonomi Bolchini con l’intenzione di chiuderla e di lottizzare quell’area per recuperare così il denaro dell’acquisto.
Un evento di non piacevole memoria perché proprio la Saffa aveva segnato un modello industriale per il paese. Numerosi furono i tentativi per salvare gli ultimi 31 operai dello stabilimento: niente.
La fabbrica chiuse definitivamente il 15 ottobre del 1979.
Oggi ne osserviamo solo l’architettura, ormai vecchia e fatiscente, logora.
Qualcuno dei nostri bisnonni vi ha lavorato. Ormai non ci sono più e forse la loro memoria avrebbe aggiunto altri aneddoti alla nostra storia.