Omicidio lungo l’Arno: preso il killer

A uccidere Roberto Checcucci a settembre sarebbe stato il vicino di casa Luigi Cascino per futili motivi

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di Carlo Baroni

Per più di cinquanta giorni ha condotto una vita normale, casa e lavoro, Luigi Cascino, originario di Canicattì, 53 anni, dipendente in un’azienda di servizi ambientali di Fucecchio. Da ieri mattina, alle prime luci dell’alba, è entrato nel carcere di Pisa, indiziato di essere lui il carnefice di Roberto Checcucci. Per gli inquirenti è Cascino l’uomo che il 27 settembre scorso, tra le 10 e le 11, ha massacrato brutalmente il 53enne vicino di casa e presumibilmente l’avrebbe fatto per vendetta contro il fratello della con il quale le ruggini andavano avanti da anni in un crescendo di tensione.

Alla fine di una lunga attività andata avanti senza sosta più di cinquanta giorni, il cerchio degli inquirenti si è stretto attorno a lui. Tre i passi chiave dell’indagine: un profilo di Dna rilevato sotto le unghie del Checcucci non appartenente alla vittima, la visione di oltre 10mila ore di immagine registrate da 23 telecamere di videosorveglianza, i passi falsi del presunto killer.

"L’uomo – ha spiegato il procuratore di Pisa Alessandro Crini (nella foto al centro fra i vertici dell’Arma) –, ascoltato in caserma con altri vicini della vittima, si era premurato di non lasciare tracce sull’orlo di un bicchiere di caffè offertogli dai militari, tirando fuori un fazzoletto e solo dopo bevendolo a garganella". Tempo dopo, quando l’attenzione degli inquirenti si è concentrata su di lui, gli inquirenti hanno analizzato il Dna presente su quel bicchiere, trovandovi la sola traccia del profilo della moglie, che aveva bevuto dopo di lui. Al Dna di Cascino i carabinieri sono arrivati simulando un normale controllo stradale con il quale hanno sottoposto all’etilometro il figlio e il cui esito ha dato, una comparabilità del 99,99% del profilo genetico.

Tra le cautele prese dal presunto assassino, anche quella di non portare con sé il cellulare il giorno del delitto: gli accertamenti avrebbero dimostrato che l’apparecchio, nella circostanza, non era sull’argine a Castelfranco. Ma c’era il suo proprietario rintracciato passando al setaccio le immagini delle telecamere. L’uomo, nella ricostruzione della procura, aveva seguito la vittima con la macchina. Poi a S.Croce era salito sull’argine, raggiungendo Checcucci e iniziando l’aggressione nel punto riparato da un canneto. "Nei filmati di una telecamera – ha spiegato Crini – si vede un uomo che segue Checcucci un minuto e mezzo dopo il suo passaggio. Lo abbiamo definito lo ‘smanicato’ perché indossava una giacca senza maniche. L’uomo tiene in tasca qualcosa di pesante: si vede reggerlo con la mano. Circa un’ora dopo, torna indietro e ricompare claudicante e sporco".

L’uomo, arrestato ieri mattina, sposato con figli, avrebbe lasciato un altro importante elemento in mano agli inquirenti: nell’armadietto del luogo di lavoro sono stati trovati e sequestrati gli indumenti indossati la mattina del delitto, oltre a un coltello e alla punta di un mazzuolo ritenute le armi dell’omicidio. Al momento dell’arresto, il 53enne non ha aperto bocca.