Morto durante il controllo “Scagionati“ i poliziotti

Archiviata l’indagine per il decesso, nel 2019, dei 31enne Arafet Arfaoui: "Nessun nesso causale tra ammanettamento e decesso". Gli indagati erano 7

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EMPOLI

Arafet Arfaoui, il marocchino che si spense a 31 anni durante un controllo di polizia in un money transfer di Empoli, la sera del 17 gennaio 2019, non è morto per la posizione in cui gli agenti del commissariato lo trattennero durante il fermo. Ma, come stabilito dalle perizie, il decesso è da attribuire a "un arresto cardiaco provocato proprio dal combinarsi dei fattori di rischio", quali l’"ingestione combinata di cocaina e alcol e stress psico-sociale". Per questi motivi, il gip, Gianluca Mancuso, ha definitivamente archiviato l’indagine per omicidio colposo che vedeva indagati, per questo caso molto somigliante a quello del fiorentino Riccardo Magherini, 5 poliziotti del commissariato e 2 operatrici sanitarie. "L’assenza del nesso causale - scrive ancora il giudice nell’ordinanza di archiviazione - rende superfluo indagare eventuali profili di colpa nell’operato del personale di polizia, essendo a questo punto irrilevante il fatto che gli agenti abbiano tenuto Arfaoui in posizione prona piuttosto che di fianco come raccomandano i manuali operativi in uso alle forze di polizia". E riguardo all’uso di fascette in velcro, con cui vennero immobilizzati i piedi dell’uomo (i polsi invece erano ammanettati) "le ulteriori indagini hanno permesso di accertare che gli operanti erano abilitati al loro utilizzo".

Nessun rilievo neanche nei confronti dei due sanitari: anche in questo caso, gli ulteriori approfondimenti che erano stati ordinati dal giudice dopo l’opposizione all’archiviazione del 22 gennaio 2020 accordata al legale della famiglia, l’avvocato Giovanni Conticelli, sono arrivati alla conclusione che "non vi è alcuna evidenza che permetta di compiere il cosidetto giudizio controfattuale, e quindi di ritenere con elevato grado di probabilità scientifica che in presenza dell’immediato intervento dei sanitari l’uomo non sarebbe morto". Intervento che “ritardò“ perché, come previsto dai protocolli, gli operatori attesero che le condizioni fossero, per loro, di sicurezza.

Stefano Brogioni