La Liberazione, l’Anpi e la guerra in Ucraina "La pace non si costruisce inviando armi"

Il presidente locale Roberto Franchini: "L’associazione non è spaccata, ma ci sono posizioni diverse. Ogni popolo oppresso è una ferita"

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EMPOLI

Venticinque aprile, "la giornata dall’anno in cui si ricorda la Liberazione d’Italia dal governo fascista e dall’occupazione nazista del Paese. Una festività dedicata anche al valore dei partigiani di ogni fronte che, a partire dal 1943, contribuirono alla liberazione del Paese". Il dizionario parla più o meno così. Eppure quest’anno, la data da celebrare avrà un sapore diverso. Più amaro di sempre. Sarà un 25 aprile macchiato di sangue. Fiori e bombe, a distanza di chilometri, nello stesso momento. Mentre amministratori locali e associazioni saranno impegnati nelle commemorazioni, ci saranno ancora città assediate. Una guerra in corso per un 25 aprile in cui in tv scorreranno immagini di morte e distruzione. L’eccidio di Bucha non è poi così lontano da quell’estate del 1944, e i racconti da pelle d’oca dei sopravvissuti ucraini non sono poi tanto diversi da quelli dei testimoni delle nostre stragi. La storia si ripete, così come la conta delle vittime massacrate e torturate. Qual è oggi il messaggio da dare? Con quale spirito approcciarsi al prossimo 25 aprile? Ne abbiamo parlato con il presidente della sezione empolese Anpi Roberto Franchini.

Dopo due anni di pandemia questo doveva essere un 25 aprile di rilancio, di pace e di socialità. Ci si arriva divisi?

"Il messaggio da dare resta quello di una richiesta forte di pace. Di solito questa non è una festa divisiva, a meno che uno non si riconosca nei prinicpi fascisti. Resta la festa di tutti quelli che credono nella pace, nell’uguaglianza e nella democrazia, nel rispetto reciproco. Fortunatamente in Italia la parte dichiaratamente fascista è minoritaria".

Favorevoli o contrari all’invio delle armi in Ucraina?

"Bisogna costruire la pace e per farlo c’è da lavorare andando in quella direzione. Inviare armi non è sicuramente un segno di pace. Non possiamo essere né per l’invio, né per il finanziamento delle armi".

Il presidente nazionale si è opposto suscitando polemiche anche all’interno della stessa associazione....

"Sia sul piano locale che nazionale, l’associazione non è spaccata ma nella sua pluralità ci sono posizioni diverse e modalità sbagliate di dichiararle. Come si dice, i panni sporchi si lavano in casa. Sono vice presidente provinciale di Firenze e responsabile dell’area Empolese Valdelsa: posso dichiarare che gli organi dirigenti siano tutti d’accordo con la linea nazionale. Rimaniamo dell’idea che le Nazioni Unite debbano prendere in gestione la risoluzione del conflitto".

Che effetto le fanno le immagini di una nuova Resistenza?

"Lo stesso che mi suscitano tutte le Resistenze che ci sono oggi nel mondo. Dai curdi ai palestinesi, quando ci sono popoli oppressi e dove c’è guerra e disumanità per noi è una ferita. E lo è anche per i nostri partigiani".

Che valore ha il 25 aprile in tempo di guerra?

"È sempre un punto di partenza per la Resistenza mondiale. Il progetto politico che avevano i partigiani era arrivare all’applicazione della Costituzione, obiettivo ad oggi nel 2022 non ancora raggiunto. Ci sono passaggi che in 75 anni non siamo riusciti a mettere in atto.

Qual è il ruolo dell’Anpi oggi?

"La nostra responsabilità è portare avanti, nelle giovani generazioni, le battaglie dei partigiani che ancora aspettano di essere vinte. Sarà l’occasione per fermarci e riflettere su cosa siamo riusciti a costruire in oltre 70 anni e su quelli che invece sono sttati i fallimenti".

Ylenia Cecchetti