Infermerie spiate in ospedale, nuove indagini. Si cerca il Dna sulla microcamera

Gli "esami irripetibili" sul dispositivo rinvenuto al San Giuseppe saranno effettuati il prossimo 6 ottobre. Il congegno era stato installato nello spogliatoio femminile. Al momento sarebbero tre gli indagati

Polizia Postale

Polizia Postale

Empoli, 29 settembre 2022 - Chi ha installato la microcamera con cui venivano spiate le infermiere del San Giuseppe di Empoli e chi ha guardato dall’ ‘occhio indiscreto’ le lavoratrici sotto la doccia? Si cercano tracce dei responsabili. Gli inquirenti hanno disposto l’esecuzione di “accertamenti irripetibili” sul dispositivo trovato all’interno del locale tecnico dove avevano accesso diverse persone, un locale attiguo allo spogliatoio femminile al piano terra dell’ospedale cittadino.

I rilievi alla ricerca del dna sul congegno rinvenuto dai carabinieri della compagnia di Empoli - la sonda da idraulico e il monitor collocato dietro a un attaccapanni - verranno eseguiti la settimana prossima, giovedì 6 ottobre, a Careggi dal genetista forense, il dottor Ugo Ricci, incaricato dalla Procura fiorentina. A quanto emerso finora dalle indagini sarebbero tre gli indagati, due dei soggetti intorno ai quali si è stretto il cerchio appartengono a una ditta esterna che si occupa di fare manutenzioni e che lavora in appalto per l’Asl Toscana centro proprio nel presidio ospedaliero di viale Boccaccio. Come si ricorderà, i fatti in questione sono venuti alla luce nel maggio scorso tra stupore e indignazione generale. Una microcamera era stata piazzata all’interno del box doccia dello spogliatoio femminile frequentato da un centinaio di dipendenti Asl, tra infermiere, dottoresse, operatrici socio sanitarie. A fare la scoperta era stata una collega, insospettita da un piccolo foro nella parete della doccia, risultato appunto essere lo spioncino da cui venivano osservate le dipendenti dell’Asl mentre si rilassavano sotto la doccia.

Il punto di osservazione era stato piazzato dall’altra parte della parete, ovvero nel locale tecnico dove avevano accesso diverse persone e dove gli inquirenti hanno rinvenuto il rudimentale dispositivo dietro a un appendiabiti. A seguito delle indagini, il reato ipotizzato dalla Procura fiorentina - titolare dell’inchiesta è il pubblico ministero Sandro Cutrignelli - è accesso abusivo in un sistema informatico protetto da misure di sicurezza, ovvero che vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo (articolo 615 ter del Codice penale). Sono oltre ottanta le denunce presentate alla Procura da parte delle ‘sanitarie’ violate nella loro intimità. La maggior parte di loro è assistita dallo studio legale Rovini Fiumalbi e associati, altre dall’avvocato Manuela Montagni.

Inizialmente la più grossa paura era che le immagini catturate dalla microcamera fossero state diffuse in Rete o condivise su gruppi social, ipotizzando il grave reato di “revenge porn“. La polizia postale, però, non avrebbe trovato riscontri. Adesso si attendono gli accertamenti sul materiale biologico per avere ulteriori prove che aiuteranno a chiudere il cerchio e a far decidere o per il rinvio a giudizio o l’archiviazione del caso. Viste le prove raccolte è molto probabile che la vicenda finisca in un’aula di tribunale.