Segue dalla Prima
Alessandro
Pistolesi
Perché i social sono quel luogo dove tutto rimbalza come una pallina da flipper e alla fine si deforma. In questa logica guidata dagli algoritmi basta un attimo per passare dalla campagna di beneficenza alla challenge più estrema. Perché su TikTok, ad esempio, i video scorrono sullo schermo come in un eterno loop, alimentando la sete di emulazione e rendendo invisibili i pericoli. La prima sfida della morte si chiamava ‘balena blu’, arrivava dalla Russia, era il 2016. Poi tutta un’altra serie di sfide perverse come i pestaggi in strada o la guida bendati. Ai tempi della pandemia il fenomeno fa ancora più paura. Perché il Covid e l’isolamento hanno favorito la trasmissione di un altro virus, altrettanto minaccioso: l’imitazione a ogni costo. Colpisce gli adolescenti più fragili, sospesi dietro un display e scollati dalla società nonostante la sovrabbondanza di stimoli esterni. Proprio lunedì una psicologa del territorio, che ha in terapia tanti giovanissimi, raccontava su queste pagine le difficoltà della didattica a distanza e quel senso di solitudine dietro a un pc che spinge i giovani a emulare altri coetanei. Oggi uno studio dell’istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa svela che quasi 400mila studenti italiani fra i 15 e i 19 anni conoscono le sfide sui social. Ignorare il problema sarebbe un errore troppo grande. Dunque, che fare? Controllare, con mille occhi. E vietare, se necessario. Ma anche, soprattutto, insistere nelle scuole del territorio. Magari affiancando alle lezioni di storia e geografia qualche insegnamento su come difendersi dalle insidie del web. Insomma, puntare con decisione sull’educazione all’utilizzo dei social, perché ormai sono diventati un’estensione di noi stessi.
E purtroppo non basta una secchiata d’acqua a portare via tutto il male che si annida nella rete.