GIOVANNI FIORENTINO
Cronaca

Diverbio in pronto soccorso. La causa? Un analgesico

L’episodio avvenuto durante un accesso. Paziente accusa e Asl smentisce .

L’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale di Empoli

L’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale di Empoli

Un uomo di 73 anni ha accusato di aggressione un medico del pronto soccorso dell’Ospedale San Giuseppe. Un episodio che sarebbe avvenuto lo scorso 31 marzo, a seguito dell’accesso del settantatreenne all’interno della struttura sanitaria a causa di una colica renale. Secondo quanto segnalato dal paziente stesso (facendo sapere di aver poi inviato un reclamo per posta elettronica all’ [email protected], senza ricevere risposta) il medico al quale si era rivolto chiedendo un antidolorifico lo avrebbe aggredito verbalmente. Una ricostruzione rigettata con forza dall’ Asl, che ha confermato l’episodio in questione ma ha fornito una versione differente, negando che vi sia stata un’aggressione da parte del medico. Secondo l’azienda sanitaria, "i toni della richiesta (dell’antidolorifico, ndr) da parte del paziente sarebbero stati particolarmente perentori, in contrasto con quanto andava ripetendo il medico sulla necessità prioritariamente di eseguire una visita" e che "la comunicazione fra i due si sarebbe interrotta per volontà del paziente che non accogliendo la decisione del medico di fare una visita prima di somministrare un antidolorifico, ha lasciato la stanza e l’ospedale". La Asl Toscana Centro prosegue affermando che "l’attesa tra l’accesso del paziente al Pronto Soccorso e quando il paziente è stato messo in visita è stata di un’ora e venti minuti" e che "a causa delle crescenti difficoltà di comunicazione tra medico e paziente, la visita non è mai stata effettuata". "Comprendiamo le difficoltà vissute dal paziente, soprattutto considerando che si è rivolto al Pronto Soccorso in un momento di forte dolore legato a una colica renale – la conclusione dell’Asl Toscana Centro - descrivere l’episodio come un’aggressione ’con furia inaudita’ non riflette, però, in alcun modo il contesto e l’atteggiamento del personale medico e sanitario".