Con i circoli ko l’Arci fa il 60% degli iscritti "I dirigenti hanno bussato casa per casa"

Anche con le limitazioni dovute al Covid il miracolo dell’organizzazione mette nel carniere circa 6.000 soci. E la campagna prosegue

di Bruno Berti

Tra le associazioni che hanno pagato pegno all’epidemia c’è anche l’Arci, con i suoi 69 circoli distribuiti nei comuni della zona che costituiscono le basi sociali a cui fanno riferimento gli iscritti. Durante l’attacco, troppo spesso senza pietà, del virus, i circoli hanno seguito in buona misura le sorti dei pubblici esercizi, con lunghi periodi di chiusura. E adesso c’è voluto un intervento della Regione per riaprire un po’ meglio i battenti. "Le riaperture, ovviamente – dice la presidente dell’Arci, Chiara Salvadori (nella foto) – riguardano le strutture con somministrazione, le tipiche Case del popolo, e non i circoli che sono associazioni specifiche" e che non hanno né bancone né macchina del caffè.

Se il tesseramento 2019-2020 (la sottoscrizione delle tessere va da ottobre a settembre dell’anno successivo) non aveva risentito molto del Coronavirus, fermandosi a 9.500 iscritti, quello del 2020-21 ha dato risultati diversi. Di norma l’associato rinnova la tessera quando va al circolo vicino casa, ma se la Casa del popolo è chiusa, non è certo semplice. "E infatti in questo periodo difficile i dirigenti dei circoli – spiega Salvadori – sono andati casa per casa, nel rispetto delle norme contro il Covid, a offrire la nuova tessera agli iscritti. Naturalmente c’era anche la possibilità di richiedere la tessera. Adesso siamo ripartiti nella forma abituale, ma l’impegno già profuso ci ha portato al 60% del tesseramento dell’anno scorso". E’ come se i valori della solidarietà e dell’associazionismo avessero battuto uno dei più feroci nemici di un modo di vita che fa perno sullo stare insieme, mostrando anche un legame vero degli iscritti con i circoli. Il punto massimo di iscritti fu toccato durante la presidenza di Piero Meacci, con il record di 20.000.

Ora ci si dovrà confrontare anche con le conseguenze delle chiusure in termini di minori entrate. I bilanci saranno tutt’altro che floridi, anche perché per il momento i soldi di cui si è parlato, sia a livello statale e che regionale, sono sì decisi ma non sono ancora materialmente arrivati. "Però un po’ di luce in fondo al famoso tunnel – aggiunge la presidente – la vediamo. Nei nostri 69 circoli da venerdì, quando la Regione ha dato il via, ci stiamo organizzando. Non abbiamo notizie di strutture che non siano in grado di ripartire", come da altre parti, invece, sta accadendo.

L’Empolese Valdelsa, nel solco della sinistra (nelle Case del popolo c’erano in moltissimi casi le sezioni del Pci e del Psi), nel dopoguerra è sempre stato un punto di riferimento per i circoli. Allora l’associazione di riferimento era l’Enal (Ente nazionale assistenza lavoratori). "Qualche anno dopo nacque l’Arci – ricorda Piero Meacci, storico ex presidente – ma non era riconosciuta come ente di rappresentanza. E allora le tessere Enal venivano prese dai circoli ma non distribuite: ai soci si davano quelle dell’Arci, anche se aveva ‘competenze’ più limitate. Poi, nel 1957, l’Arci fu riconosciuta ufficialmente e con la tessera, ad esempio, si poteva usufruire anche di sconti al cinema". Dopo il primo periodo‘carbonaro’ a dirigere l’Arci della zona fu eletto Maresco Fattori, a cui successe, verso la fine degli anni ’60, Angelo Faggioli. Erano i tempi (’68 e dintorni) dell’Arci che si occupava anche di cinema e di teatro. Poi, arrivò Loriano Venturini, un roccioso ex vetraio. Nel 1978 toccò a Meacci, che nel 1987 lasciò la poltrona a Sergio Marzocchi, un insegnante. Poi fu la volta di una donna, Chiara Salvadori appunto, di arrivare alla carica di presidente.

Nel mondo Arci rientrava anche l’Uisp: per molti anni hanno ‘vissuto’ insieme, per poi lasciarsi quando, da qualche squadra di calcio e un bel po’ di ciclisti, passò a organizzare una fetta importante delle attività sportive. Stessa sorte per l’Arci Caccia, oggi autonoma, che era nata a suo tempo come l’organizzazione delle doppiette di sinistra, che, alla nascita, provocarono un po’ di vuoti nelle schiere della Federcaccia, l’organzzazione dei cacciatori che andava per la maggiore.