
Rossella Valdrè
Firenze, 15 agosto 2025 - Le residenze sanitarie assistite si presentano spesso come stazioni della dogana, linee di confine verso “l'altroquando” che sembrano sospendere la vita nel quadro di una perenne attesa, scandita, quando va bene, dal ritmo delle pulizie, del cibo, dell'igiene e della consegna delle medicine. La vita estrema degli anziani si presenta in questi luoghi disarmando chi visita coloro che “abitano l'inermità”..
Rossella Valdrè, psicanalista, ne scrive in poesia come La nobiltà degli inermi (Mc Edizioni, nella collana curata da Pasquale Di Palmo), quella che scopre una figlia nell'andare a trovare la madre in queste periferie apparentemente senza tempo ma che fanno sentire la fine e la speranza in un'alternativa o una voglia pericolosa di dimenticanza.
C'è “desiderio di perdere tempo / finalmente / finalmente/ […] la figlia madre con la / madre bambina / … La tua biografia in scatoloni / che mai aprirò /”.
Quando il corpo, “questo corpo / non è più casa tua” / “corpi che ci sfrattano”... “col capo chino”... “rivolete l'Eden / dentro una Rsa”.
Va di moda “con-dividere, / si deve, per forza bello , / tutti insieme. / Allora come è, e fuori moda, che / nessuno entri nella tua camera / nei vostri letti candidi / le teste chine / bianche / pochi figli, nessun amico / già morti, / ha fretta l'estraneo, / il sano, il giovane / il vivente”.
Se ci si ferma davvero a capire, tutto fa cambiare prospettiva: quale che sia stato il rapporto con i propri cari, l'anziano è l'altro volto del bambino, espressione di quella “ambivalenza” che mantiene viva la speranza.