2 aprile 2005, le ultime ore di Karol Wojtyla

Milioni di fedeli piansero la morte di Papa Giovanni Paolo II

Papa Giovanni Paolo II (Foto Ansa)

Papa Giovanni Paolo II (Foto Ansa)

Firenze, 2 aprile 2024 - Le ultime ore di Karol Wojtyla trascorsero come tutta la sua vita: in Polonia. E siccome la Polonia non la vedeva più dal 2002, epoca del suo ultimo viaggio nel paese natale, fu essa ad accompagnarlo verso il momento del Ritorno. Raccontano infatti le cronache di quindici anni fa che quando Giovanni Paolo II lasciò una Terra che aveva contribuito non poco a cambiare, attorno a lui vi fossero, a recitare il rosario, le suore che avevano cura della sua vita quotidiana. Polacche. Il suo segretario, Stanislao Dziwisz, polacco. Il cardinale Jaworsky, l'arcivescovo Rylko, il vescovo Mokrzicky e l'amico Styczen. Tutti polacchi. Unica eccezione il medico personale, l’archiatra professor Buzzonetti. Tutti gli altri vennero avvertiti solo un attimo più tardi: il cardinal Sodano, che pure era segretario di Stato, il cardinal Somalo, che pure era il Camerlengo. Persino Joseph Ratzinger, il braccio destro e forse l’anima a lui più vicina, giunse in un secondo momento. Per non dire di Camillo Ruini. Al Camerlengo fu lasciata l’incombenza di pronunciare la frase di rito, “Vere Papa mortuus est”: il papa è effettivamente morto. Ma l’ultima parola del pontefice, un “amen” sussurrato con un fil di voce al termine di una preghiera, il Camerlengo non l’aveva potuta sentire. Gli restò solo da rispettare la tradizione che vuole un velo di lino essere delicatamente deposto sul volto del defunto, mentre Buzzonetti espletava pratiche più scientificamente appropriate per constatare il decesso. In milioni vennero a Roma, anche perché la lunga agonia creò un clima di coinvolgimento generale.

Quando, alle 21,37 di quel 2 aprile, il papa chiuse gli occhi la reazione emotiva fu a livello mondiale, complici anche i media che nel frattempo avevano perso il gusto della compostezza. Il primo giorno nell’Urbe arrivarono in ottocentomila, il secondo un milione, poi il terzo due e poi ancora tre e mezzo. Si rammentino le parole del prefetto di allora, Achille Serra: “Roma è stata sottoposta allo stress di un evento il più grande della sua storia, moltiplicato per dieci”. Il prefetto si sbagliava per difetto: i lanzichenecchi erano stati una decina di migliaia, i visigoti del 410 due o tremila, i bersaglieri e le altre truppe italiane a Porta Pia 50.000. L’emergenza (perché di vera e propria emergenza si trattò) venne gestita in buona parte dalla Protezione Civile, e anche qui il parallelo con l’oggi sorge spontaneo. Gli annali riferiscono che tra tutti quegli uomini, donne, religiosi, suore, vecchiette e giovani che si accalcavano, non si registrò nemmeno una gamba rotta. Nessun Papa ha incontrato tante persone come Giovanni Paolo II: milioni di fedeli, incrociati sia durante le cerimonie religiose, sia durante le udienze generali, sia, infine, nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo.

Nel corso del suo pontificato Giovanni Paolo II fece 146 visite pastorali in Italia, e, come Vescovo di Roma, visitò 317 parrocchie romane. I viaggi apostolici nel mondo furono 104. Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche. Celebrò 147 riti di beatificazione, nei quali proclamò 1338 beati, e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Non passerà che pochissimo tempo che don Stanislao, il suo segretario personale, chiederà di  a riposare nella sua terra. Richiesta rimasta inevasa, e non solo perché la pratica ricordava troppo quella dei re di Francia a Saint-Denis, per non dire di Luigi IX all’ottava crociata. Il cuore di Giovanni Paolo II è rimasto nelle grotte vaticane, a poca distanza da quello di Giovanni XXIII, soprattutto per un altro motivo. E cioè che un papa non solo è prima di ogni altra cosa vescovo di Roma, ma il suo cuore appartiene al mondo. Anche se in Polonia è rimasto sempre, fino all’ultimo battito.

Nasce oggi

Émile Zola nato il 2 aprile del 1840 a Parigi. Caposcuola del naturalismo, ne fissò i principi nel saggio ‘Il romanzo sperimentale’. Ha scritto: “Se metti a tacere la verità e la seppellisci sotto terra, non farà che crescere, e raccoglierà su di sé una tale potenza esplosiva che il giorno in cui scoppierà farà saltare in aria tutto quanto a suo modo”.