
Stefano Palmieri, 49 anni, impegnato sul green dove ottiene grandi successi
Firenze, 26 maggio 2021 - «Il più bel complimento? Qualcuno in campo mi ha detto: ma sei sicuro che non ci vedi?". Stefano Palmieri, 49 anni, di Follonica, ha perso la vista nel 2002 in seguito a un incidente stradale. Nel 2013 ha cominciato a giocare a golf e, dopo aver vinto due volte il British Blind, l’Irish e il Japanese Blind oltre all’Open d’Italia (risultati che lo hanno portato nella Nazionale paralimpica), ha partecipato ai primi tornei con i normodotati fino a vincerli, come è accaduto nel suo circolo, il Golf Club Toscana di Gavorrano (Grosseto). "All’inizio mi sembrava una vittoria anche solo colpire la pallina. Poi sono riuscito ad affrontare le gare per disabili e ora questo successo, con 38 punti in terza categoria e 2 buche chiuse in par". Come fa a giocare a golf una persona che non vede? "Ho una guida che mi accompagna in campo e mi dà le informazioni sul tipo di colpo che devo fare, a seconda di come è messa la palla e della distanza da coprire. Scegliamo il ferro e mi posiziona a circa mezzo metro dalla palla per fare le prove. Poi la mia guida mi fa appoggiare il ferro vicino alla pallina, si allontana, prendo la posizione corretta e colpisco. Sul green, invece, camminiamo per contare i passi e capire la pendenza per poi cercare di imbucare". Perché il golf? "Casualità. Era il 2012 e in quel periodo avevo disputato maratone e mezze maratone. Era nato da poco mio figlio Mirko e sentivo che avevo bisogno di nuovi stimoli. Sul pc trovai l’articolo di un golfista non vedente, il milanese Andrea Calcaterra, e pensai: voglio provarci anche io. Non sapevo che era un professionista prima di perdere la vista, io da vedente non avevo mai giocato. Se lo avessi saputo forse non ci avrei provato". Il golf è solo un gioco? "No, è uno sport completo che necessita di preparazione tecnica, fisica e mentale. Mi fa ridere chi pensa che sia un passatempo da vecchi o un’attività solo per camminare all’aria aperta. Il golf è una sfida continua con te stesso, fa capire le proprie debolezze e non a tutti piace scoprirle". Cosa significa giocare insieme a chi vede e vincere? "Non bisogna mai abbattersi né aver paura di affrontare le problematiche della vita. Voglio alzare l’asticella della disabilità degli occhi, cerco di colmare le distanze". Normodotati, disabili: danno fastidio queste parole? "Si parla tanto di inclusione, ma anche questa parola non è bellissima perché vuol dire portare dentro qualcosa che esiste già. Dobbiamo fare un passo avanti nel cuore e nella mente". Prossimi obiettivi? "La Paralimpiade di Parigi 2024. A livello umano, portare avanti la mia attività per aiutare le persone con handicap fisici. Il sogno? Fare un mondiale con mio figlio Mirko come guida".