CARLO VENTURINI
Cronaca

La scoperta dimenticata: Pisa custodisce le spoglie di tre santi paleocristiani

I resti di San Nicodemo, San Gamaliele e San Abibone conservati in Duomo. Le ricerche avviate dall’arcivescovo Benotto e affidate all’antropologo Mallegni

Le cassette di piombo contenenti le spoglie dei tre santi

Pisa, 25 gennaio 2024 – Nel Duomo di Pisa ci sono i resti del santo che staccò Cristo dalla croce, lo depose nella sindone e lo accompagnò al sepolcro. Si tratta di San Niccodemo che viene spesso raffigurato nei dipinti rinascimentali (La deposizione di Rosso Fiorentino e di Caravaggio) intento a togliere il Cristo dalla croce per consegnarlo alle pie donne. Con lui, nella stessa arca marmorea, accanto all’altare di San Ranieri, ci sono le reliquie di altri due santi importantissimi, quelle di Gamaliele maestro dell’apostolo Paolo e Abibone, apostolo di San Paolo e figlio dello stesso Gamaliele.

Per arrivare a poter scrivere così, nero su bianco una storia intricatissima, c’è voluta la "tenacia" dell’arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto che, in piena pandemia, decise di mettere ordine. O meglio, voleva stabilire una volta per tutte di chi fossero i resti contenuti in quel sarcofago, visto che non vi erano mai stati documenti ufficiali, verbali di apertura dell’urna, se non che le spoglie dei tre santi lasciarono la Terra Santa con la prima vittoriosa crociata dei pisani.

La storia dunque, nasce, affonda e si perde nella notte dei tempi, e l’arcivescovo dichiara: "Da qui, il desiderio di verificare che cosa si trovasse davvero all’interno dell’arca marmorea, non essendo riusciti a trovare nei nostri archivi alcun verbale di una eventuale ricognizione svolta nel passato. Il 24 aprile 2021 invitavo dunque l’Opera della Primaziale e l’arciprete del capitolo a organizzare quanto era necessario per una ricognizione canonica di quanto fosse contenuto nell’arca marmorea". L’apertura ufficiale della tomba-altare è avvenuta il 10 giugno 2021 e la ricollocazione dei resti dei corpi santi nella loro arca, è avvenuta il 6 settembre 2021, "come appare dai relativi verbali che vengono ora pubblicati perché ne rimanga memoria. Insieme a questi atti ufficiali vengono pure pubblicati i risultati degli studi che sono stati eseguiti sulle ossa trovate": scrive Benotto.

Quando si vuole mettere ordine e fare chiarezza, si chiama la scienza; in questo caso "impersonificata" dal professor Francesco Mallegni paleoantropologo di Unipi che aveva già lavorato su resti illustri come quelli del conte Ugolino. Dalla scienza, sono arrivate conferme decisive sul fatto (non scontato) che le ossa appartengono a tre uomini e che tra due di loro, c’è un grado di parentela diretto (padre.figlio).

In più, il Dna ha una provenienza da Paesi come Siria, Libano, Israele, Caucaso. Prima dell’indagine proposta da Benotto alla Opera primaziale, vi erano, di base, annotazioni liturgiche e cerimoniali di festeggiamenti in onore dei tre santi come quelle del 1137-1148. "Queste erano però, testimonianze indirette se pur chiare": dichiara Benotto che conclude scrivendo nel libro - I santi stivalati della Primaziale-: " Lasciamo ai lettori, il trarre le loro conclusioni, con la convinzione però che i dati scientifici emersi, non contrastano con una storia che parte dai tempi di Gesù ed arriva fino ad oggi". Ultima nota di curiosità storica, è sull’espressione "santi stivalati" con cui si indicano i tre santi. Si tratta, ma non vi è certezza, dell’alterazione del termine "stivati" visto che c’è un unico sarcofago da dividere in tre.