Sanità e payback: i rimborsi delle aziende per sanare i conti, ma i fornitori si ribellano

Resa operativa una legge inapplicata dal 2016: ora i crediti sono esigibili. Nelle casse regionali potrebbero così arrivare 390 milioni di arretrati

Un'azienda farmaceutica (foto di repertorio)

Un'azienda farmaceutica (foto di repertorio)

Firenze, 22 settembre 2022 - Bollette e Payback. Il bilancio della Regione Toscana potrebbe tornare a vedere la luce. Col decreto Aiuti ter arriveranno altri 25 milioni per il caro bollette che strangola la sanità: la Toscana nel complesso potrà contare quindi su circa 97 milioni dello Stato per affrontare i costi dell’energia. Poi c’è il Payback, argomento controverso – i produttori hanno già annunciato battaglia – ma che consentirebbe alla sanità di pareggiare i conti se le cose si mettessero per il verso giusto. Il Parlamento ha appena convertito in legge il decreto attuativo del ministero della Salute, che per la prima volta rende vigente quanto previsto nella finanziaria del 2016: ovvero, l’applicazione della formula di rimborso Payback sinora garantita solo dalle case farmaceutiche, anche alle aziende produttrici di dispositivi medici.

Grazie a questa operazione potrebbero arrivare, oltre ai 60 milioni del Payback farmaceutico, 390 milioni per quello dei dispositivi medici. Per i farmaci è previsto un tetto di spesa che è una percentuale del fondo sanitario nazionale: al superamento della soglia del 7,65%, le aziende produttrici sono chiamate a rifondere la spesa delle Regioni in modo proporzionale. Una quota del 50% rispetto alle vendite dello sfondamento della soglia. La cifra che le aziende farmaceutiche dovranno rifondere alla Toscana nel 2022 è di circa 60 milioni. Ora la stessa formula applicata ai farmaci, più o meno (cambia la percentuale della spesa da rifondere dalle aziende che è del 40% al superamento del tetto di spesa del 4,5%), varrà anche per tutti i dispositivi medici acquistati: dalle mascherine ai guanti ai bisturi, dai letti agli stent, insomma tutto ciò che viene utilizzato in sanità e che non ha bisogno dell’elettricità per funzionare.

La legge finanziaria del 2016 ha previsto che per i dispositivi medici venga garantito dalle aziende il Payback come per i farmaci. Una legge mai applicata dal ministero della Salute che, quest’anno, su pressione della conferenza delle Regioni e in particolare della Toscana, ha deciso di emanare il decreto attuativo rendendo questi soldi un credito esigibile. In questo modo, nelle casse regionali potrebbero arrivare 390 milioni di arretrati dal 2015 al 2018. In questo modo il pareggio sarebbe cosa fatta.

A oggi, il passivo della Regione per la sanità è inferiore ai 500 milioni, anche se ci sono le incognite sui costi del Covid, delle vaccinazioni e delle bollette del secondo semestre dell’anno. E le prospettive per la sanità cambierebbero, evitando i tagli drastici già messi in cantiere per rientrare dal rosso, dopo che nel 2021 lo sbilancio era stato coperto a fatica impegnando anche fondi regionali.

C’è però un’incognita sui 390 milioni. Il percorso prevede un iter burocratico robusto. Ma il vero problema riguarda le aziende produttrici. Ci sono da aspettarsi sgambetti e tensioni. I più temuti sono i ricorsi. Il primo segnale d’allarme è già arrivato da Confcommercio. «Un provvedimento perverso e vessatorio, che scarica addosso alle imprese e ai lavoratori gli sprechi di una gestione non sempre oculata della spesa sanitaria pubblica», dice Massimo Rambaldi, presidente regionale di Asfo Toscana-Confcommercio, che rappresenta i fornitori. «Il valore del Payback per la Toscana ammonta a 618,5 milioni per gli anni 2015-2020, cifre folli, la cui restituzione metterà in ginocchio il comparto con 7.900 addetti: siamo pronti a ogni iniziativa a partire da una class action contro il governo». Quindi come si metterà?