REDAZIONE CRONACA

Kenneth Smith giustiziato con l’azoto. Il medico: “Non si usa più nemmeno per i suini”

La condanna a morte eseguita in Alabama per un delitto del 1988. “Metodo che presenta molti rischi sia medici che etici”

Pasquale Giuseppe Macrì

Firenze, 26 gennaio 2024 – La pena di morte non è prerogativa soltanto di dittature e Paesi considerati civilmente arretrati, ma anche di uno degli Stati considerati più avanzati al mondo, gli Usa. Dopo il rifiuto della Corte Suprema all'estremo appello degli avvocati - cui si sono uniti organizzazioni e cittadini in tutto il mondo -, l'Alabama ha messo a morte Kenneth Smith, con un primato agghiacciante: è il primo detenuto al mondo ucciso con il metodo dell'ipossia da azoto.

Secondo le autorità giudiziarie locali si tratta "forse del più umano mai ideato”, definizione sulla quale non si sono trovati d'accordo diversi esperti visto che rischia anche di portare la persona ad uno stato vegetativo. Ma, nella sostanza, le autorità semplificano così il procedimento necessario per la creazione del composto usato per le iniezioni letali. Il decesso, secondo quanto ha reso noto un comunicato del governatore Kay Ivey, è avvenuto alle 20,25 ora locale. Il 59enne era stato condannato alla pena capitale per aver partecipato ad un raid criminale nel 1988 nell'abitazione di Elizabeth Dorlene Sennett, moglie di un pastore protestante, che venne uccisa.

Nel 2022 Smith era sopravvissuto a una prima esecuzione con iniezione letale. L'uomo ora è stato legato ad un lettino nella camera della morte della prigione di Holman e costretto a respirare un'alta concentrazione di gas azoto da un contenitore pressurizzato, attraverso una maschera aderente al viso. L'azoto costituisce il 78% dell'aria ma il suo aumento diventa fatale in quanto riduce la quantità di ossigeno. Il reverendo Jeff Hood, confessore dell'uomo, ha parlato di “apocalisse morale". Il figlio della vittima ha dichiarato che finalmente giustizia è fatta, lamentandosi poi che tutto il battage mediatico sull'azoto ha fatto dimenticare la crudele sorte della madre. L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani aveva espresso preoccupazione sul fatto che l'ipossia di azoto potesse provocare una “morte dolorosa e umiliante”.

"Metodo che non usano più nemmeno i veterinari”

Tra gli esperti che spiegano perché ci sia tanta polemica sulla maschera d'azoto c’è anche 

Pasquale Giuseppe Macrì, docente di Medicina legale e responsabile Area dipartimentale Medicina Legale e Gestione della Responsabilità sanitaria dell'Asl Toscana Sud Est, che all’Adnkronos Salute ha detto: "Una metodica assolutamente mai usata sull'uomo e in medicina veterinaria è stata usata solo sui suini ma poi abbandonata perché sui mammiferi ha dei rischi, ovvero non provocare subito il decesso ma ictus e stati vegetativi. Insomma, ha diversi rischi sia etici che medico-scientifici. Possiamo dire che è una modalità di esecuzione di una condanna a morte incerta che potrebbe anche allungare l'agonia".

"Quando si usa questo genere di maschere si va a sostituire l'ossigeno con l'azoto, un gas inerte, e se viene tolto l'ossigeno e aumentata la quantità di azoto piano piano si vanno a interrompere alcuni processi vitali, intanto si crea una barriera negli scambi tra polmone e sangue, i polmoni si riempiono d' azoto, ma - osserva Macrì - serve del tempo perché prima si deve consumare tutto l'ossigeno già legato all'emoglobina, poi serve il tempo perché i tessuti hanno resistenze diverse. Magari muore prima il rene, poi il cervello e poi il cuore. C'è poi una incertezza sull'esecuzione perché una maschera attaccata al volto potrebbe comunque far passare un po' di ossigeno e ogni individuo ha una resistenza diversa, lo stesso avviene quando si va sott'acqua".

Il docente di Medicina legale evidenzia altri punti "contraddittori" della maschera d'azoto. "Negli Usa c'è l'ottavo emendamento che non permette che si creino sofferenze al condannato - avverte - l'Onu ha sempre espresso contrarietà su queste esecuzioni e negli Stati Uniti c'è il divieto di sperimentare sui detenuti".

Ma c'è anche un tema economico nella scelta dell'azoto rispetto ai farmaci? "Certo - conclude - le case farmaceutiche non forniscono più i farmaci per le iniezioni letali perché non vogliono associare il marchio a queste procedure. Ecco che le autorità devono trovare altre strade", conclude.