Gori: "Non sono un delinquente, mai preso soldi. Ma cacciano me e non toccano i politici"

’Ndrangheta in Toscana, parla Ledo Gori, (ex) capo di gabinetto ora indagato per corruzione e costretto a fare un passo indietro

Ledo Gori

Ledo Gori

Ledo Gori, ormai ex capo di gabinetto della presidenza della Regione Toscana, è indagato con l’accusa di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio nell’inchiesta della Dda di Firenze sui presunti affari della ’ndrangheta in Toscana. E’ tra gli oltre 40 perquisiti all’alba di giovedì scorso. Non ha ricevuto alcuna misura cautelare, non è inserito nella presunta associazione per delinquere che avrebbe cercato di condizionare anche la politica in favore delle concerie di Santa Croce, ma è la posizione dallo spessore più alto tra quelle investite dal terremoto che fa tremare la Toscana: da quasi vent’anni in Regione, è stato capogabinetto di Enrico Rossi, è rimasto nella stessa carica anche con l’avvento di Eugenio Giani.  Anzi, la sua conferma, secondo i pm titolari dell’inchiesta, Giulio Monferini ed Eligio Paolini, sarebbe uno dei sintomi dell’influenza esercitata dall’Associazione Conciatori, per mezzo anche del sindaco di Santa Croce Giulia Deidda, direttamente nelle stanze del potere per ottenere scelte, decisioni, deroghe, favorevoli alla categoria ma dannose per l’ambiente.  La conferma nel ruolo di Gori sarebbe anche il «prezzo» della corruzione di cui è accusato: la vicinanza al mondo imprenditoriale delle concerie gli avrebbe consentito di mantenere un incarico prestigioso e ben remunerato fino al momento della pensione.   

Firenze, 21 aprile 2021 - Ledo Gori, lei è un corrotto? «Questa storia della corruzione proprio non la mando giù. Non ho mai preso soldi. Cosa avrei fatto? Mi hanno garantito il posto di capo di gabinetto che non volevo fare. Poi se il presidente ti chiede ‘mi dai una mano’, cosa fai, dici no?». L’accusa è pesante, come pensa di difendersi? «Intanto l’avvocato chiederà se i pm mi possono ascoltare».

Cos’ha intenzione di dire? «Tutto quello che è successo, nulla di quello che mi viene contestato».

Si è adoperato per l’approvazione dell’emendamento alla legge regionale in favore dei conciatori? «Quando arrivarono le note dei conciatori sull’emendamento alla legge scrissi al Bernini: ‘sono accoglibili?’ Poi in una riunione Benedetti, Pieroni e Bernini hanno fatto l’emendamento, approvato all’unanimità dal consiglio regionale. E io cosa c’entro? E’ colpa mia?».

E sulle deroghe? «I conciatori chiedevano proroghe, io ho dato tutto a Bernini chiedendo cosa si sarebbe fatto. Alla fine hanno imposto la procedura di Autorizzazione integrata ambientale. Ma di cosa si ragiona?».

Le riunioni le faceva? «Certo, di riunioni ne ho fatte tante. Era il mio lavoro».

Contestano anche accordi di programma in base ai quali dal 2004 Aquarno sarebbe stato beneficiato... «Due anni fa abbiamo firmato un protocollo con cui i conciatori si sono impegnati a investire 80 milioni per aumentare le potenzialità del depuratore e l’ampliamento di due impianti per produrre fertilizzanti e materiale cementizio. Una rivoluzione per l’economia circolare. Abbiamo fatto un accordo con l’impianto di Rosignano, per evitare che i conciatori fossero costretti a smaltire i rifiuti in Puglia. Se poi lì dentro ci buttano cose che non dovrebbero, io non c’entro».

Questa inchiesta sta danneggiando la sua immagine.Le fa male? «Mi hanno fatto passare per un delinquente. Per me l’onestà è un valore assoluto. Io sono tranquillo, ma ci vuole tanta pazienza. E una svolta».

Ora è in ferie: ha dieci giorni per presentare le controdeduzioni... «E’ finita. Un po’ mi dispiace... un’onorata carriera non doveva finire così. Ma ho chiesto io questa soluzione: ’Non mi dimetto, fatemi un foglio e mi levate’. Non ho più intenzione di restare. Non ci sono le condizioni ma non ho niente da recriminare. Capisco la politica...».

Già, la politica. Ci sono anche politici nell’inchiesta... «Con questa linea d’azione credo che anche la sindaca Deidda e il consigliere regionale Pieroni siano in difficoltà».

Si dovrebbero prendere provvedimenti nei confronti dei politici? «Dico che io non ho approvato l’emendamento alla legge che poi è passata all’unanimità in consiglio. Che nell’inchiesta ci sono anche una sindaca e un consigliere regionale».

Pensa che anche i dirigenti come i politici dovrebbero avere un limite al rinnovo? «Credo che abbia senso pensare a un turnover. Dopo molti anni qualche incrostazione si può creare. Ma che io abbia utilizzato il mio ruolo per il potere non è credibile, non è nel mio stile. Per il resto, non rinnego nulla dei miei 21 anni in Regione e al fianco di Enrico Rossi».

Ha ricevuto pressioni? «Non potrei dichiarare come ha fatto Sanna di non averne mai ricevute. Mi è anche capitato di segnalare persone per le loro capacità, dicendo poi fai come ti pare. Ho influenzato? Non credo di essere così potente. Magari mi ascoltavano perché ne dicevo un po’ giuste».

Come ha raccolto 600mila euro per la fondazione Eccoci a sostegno della campagna elettorale di Enrico Rossi? «Li ho chiesti. Sono di più di 600mila euro, anche per le attività politiche di Enrico successive... Vi posso mandare la lista dei sostenitori, c’erano anche i conciatori».

Ha un rammarico? «Uno solo. Che non finisse così».