Mascherine fuorilegge anche in sala operatoria

Due società toscane nell’inchiesta della Gdf: lavoravano insieme agli imprenditori orientali di Prato. I dpi distribuiti a ospedali e cittadini

Emergenza coronavirus (foto di repertorio)

Emergenza coronavirus (foto di repertorio)

Prato, 13 giugno 2020 - Da «eroi» dell’emergenza, ringraziati per la rapidità con cui avevano riconvertito le proprie aziende nei giorni più bui dell’emergenza Covid-19, a indagati. E’ l’incredibile parabola degli imprenditori Samuele Vignolini e Gabriele Papini, titolari della Vignolplast di Lastra a Signa e della Paimex di Cerreto. Le due aziende, che il 20 marzo hanno ricevuto il ’grazie’ del governatore Rossi, sono state anch’esse perquisite, nell’ambito della maxi inchiesta della procura di Prato sulla frode all’Estar. Gli imprenditori erano diventati soci del cinese Alessandro Guolong Hong, il soggetto a cui la cassaforte degli acquisti della sanità toscana aveva affidato la produzione di mascherine e altri presidi «necessari per il settore ospedaliero e per la popolazione in generale».

La prima anomalia, contestata dalla Finanza, starebbe proprio nell’essersi «associati» per soddisfare il contratto di fornitura che l’Estar aveva commissionato. Oltre un milione di pezzi (pagati dalla Regione più di 500mila euro) che il documento di gara unico europeo compilato da Papini attestava come materiale di esclusiva produzione, sono stati assegnati a ditte terze, dove sono stati trovati a lavorare 90 irregolari. Così, dicono gli inquirenti, con il subappalto non sarebbe più stata «garantita la qualità del processo produttivo, anche in assenza di una specifica certificazione da parte delle ditte di fatto sub-appaltatrici, nè del rispetto delle norme di igiene e sicurezza sul lavoro». Tutto questo, rincarano gli inquirenti, «inducendo in errore il pubblico contraente sulla effettiva origine, provenienza e qualità del prodotto commissionato». Con cosa sono stati protetti i toscani e in particolare gli operatori sanitari che si sono trovati in prima linea contro la pandemia? Difficile stabilirlo, almeno per ora.

Ma secondo la procura di Prato, il gruppo Y.L., facente capo a Hong, principale ’vincitore’ della fornitura, si sarebbe «approfittato della particolare modalità di contrattazione pubblica, dovuta alla situazione emergenziale, per fornire un prodotto che altrimenti non avrebbero mai potuto realizzare, in vigenza delle certificazioni Ce, in relazione al quale hanno celato al contraente pubblico quali fossero le effettive modalità di realizzazione che vedevano impegnate ditte terze per le quali Y.L. non avrebbe mai potuto certificare la qualità del processo produttivo mediante le autocertificazioni che Estar gli richiedeva».

C’è di più. L’ultima partita di mascherine che il gruppo Hong-Papini-Vignolini ha consegnato a Estar il 5 giugno scorso avrebbe «una efficienza filtrante battericida inferiore a quella pattuita contrattualmente».  Le domande che questa vicenda giudiziaria evidenzia sono molteplici. Al di là delle polemiche politiche giustificate, in prima fila ci sono i consiglieri regionali di Fratelli d’Italia Paolo Marcheschi e di Forza Italia Marco Stella e Maurizio Marchetti, e nonostante lo stato di emergenza incredibile in cui versava l’Italia tutta, si poteva fare di più per controllare le partite di Dpi, i dispositivi di protezione, acquistati da Estar (Regione Toscana) in ogni dove? E non poteva nascere qualche dubbio sulla produzione industriale della ditta cinese fino a febbraio 2020 specializzata in pronto moda? Eppure la Regione Toscana e in particolar modo il governatore Rossi hanno portato avanti anche con brillanti risultati l’operazione, su più anni, per la sicurezza nei capannoni cinesi contro sfruttamento e lavoro nero. Estar ha giustificato, mettendo le dichiarazioni nero su bianco, che tutte gli acquisti sono stati fatti «in regime di somma urgenza». E nella somma urgenza sono finiti: i ventilatori fantasma pagati e mai arrivati dalla Cina, le mascherine ferme a Calenzano della ditta della Pivetti e quelle oggetto dell’inchiesta pratese. Ci sarà qualcosa altro ancora nella maxi spesa regionale, a caccia delle protezioni anti coronavirus, non proprio legale? Intanto da Fratelli d’Italia è partito un esposto alla Corte dei Conti.