Martina Mucci, picchiata per vendetta: spunta l’ombra di un quinto uomo

Prato, interrogati a lungo tre dei quattro giovani chiamati a rispondere del brutale pestaggio della barista. Ricostruzioni contrastanti davanti al gip. Il legale dell’ex fidanzato: "Non è il mostro che è stato descritto"

Martina Mucci, 29 anni, picchiata davanti a casa nella notte fra il 20 e il 21 febbraio

Martina Mucci, 29 anni, picchiata davanti a casa nella notte fra il 20 e il 21 febbraio

Prato, 29 aprile 2023 – E’ partito lo scaricabarile. Sono stati interrogati ieri dal gip Francesca Scarlatti i tre arrestati per la brutale aggressione ai danni di Martina Mucci, la cameriera pratese di 29 anni, massacrata di botte la notte fra il 20 e 21 febbraio nell’androne di casa. In carcere con le pensati accuse di lesioni aggravate, sfregio permanente e rapina sono finiti l’ex fidanzato, Emiliano Laurini, buttafuori di 41 anni di Scandicci, mandante del pestaggio, Mattina Schininà, 20 anni, considerato l’intermediario fra il fidanzato e i picchiatori e Kevin Mingoia, 19 anni, esecutore materiale dell’aggressione in concorso con un sedicenne che mercoledì si è presentato spontaneamente in Questura e che per il momento è stato solo denunciato. I tre hanno deciso di rispondere alle domande del gip e di fornire la propria versione dei fatti. Ieri non si sono mai incontrati e nei lunghi interrogatori durati un’ora e mezzo ciascuno hanno fatto ricostruzioni costrastanti. Laurini, difeso dall’avvocato Edoardo Burelli, ha chiamato in ballo un quinto uomo. "Una persona sfiorata dall’ordinanza", ha detto il suo avvocato la cui posizione dovrà essere chiarita. "Laurini non è il mostro che è stato dipinto", ha aggiunto Burelli. L’ex fidanzato di Martina avrebbe sostenuto di non avere ordinato il brutale pestaggio della donna nel modo in cui è stato poi eseguito ma di essere stato intenzionato "solo" a "darle una lezione". Una reazione dovuta alla gelosia mista alla rabbia di avere perso il lavoro. Laurini faceva il buttafuori nel locale dove Martina era cameriera e venne allontanato a causa delle frequenti liti con lei. Mingoia, assistito dagli avvocati Antonio Bertei e Alessandra Mattei, non ha negato di aver preso parte alla spedizione punitiva ma avrebbe "chiarito la sua posizione", ha detto Bertei.

Resta il mistero su chi avesse il telefonino che la notte dell’aggressione ha agganciato la stessa cellula di quello della vittima. Il telefono – da cui quella notte sono partite tre chiamate a Laurini come per confermare che il piano era andato a buon fine – era in uso a Mingoia ma è intestato a un’altra persona. Infine Schininà, assistito dall’avvocato Michele Savarese, ha rigettato tutte le accuse. "Non ho dato nessun contatto al Laurini – ha detto – Avevo sentito che voleva darle una lezione, parlava di graffiarle la macchina e tagliarle i capelli ma credevo fossero chiacchiere da bar".