E ora l’inchiesta scuote le griffe della moda

Il Consorzio conciatori: " Le banche stanno già chiamando, pessimi segnali". Il sindacato: "Un colpo durissimo a un comparto già in crisi"

Un’immagine dell’utilizzo degli scarti tossici scattata dai carabinieri

Un’immagine dell’utilizzo degli scarti tossici scattata dai carabinieri

Santa Croce sull’Arno (Pisa), 18 aprile 2021 - Il distretto di Santa Croce sull’Arno è da anni punto di riferimento delle grandi firme della moda. Non solo. Qui maison del lusso hanno partecipazione nel capitale sociale di diverse aziende. La posta in gioco è altissima. E i timori, dopo l’inchiesta che ha travolto i vertici dell’Associazione Conciatori di Santa Croce, è fortissima. Molti imprenditori sono stati subissati dalle telefonate di fornitori e clienti importanti, che "volevano sapere cosa sta accadendo", perché ci sono stati arresti: "Cos’è questa storia dei rifiuti?". E anche molte banche hanno chiamato nelle aziende per capire.

Brutti segnali, questi, in un tempo di grande crisi, con il comparto pelli che ha perso nel 2020 oltre il 30% del giro d’affari, arrivando da un 2019 molto difficile. Il timore è quello della fuga delle griffe, da tempo sempre più orientate ad impreziosire le collezioni con la pelle più bella e allo stesso tempo più rispettosa al mondo dell’ambiente e della natura: etica, sostenibilità ambientale e sviluppo dell’economia circolare sono biglietti da visita che hanno spalancato in questi anni al distretto le porte delle "marche" più prestigiose.

"I rischi sono enormi – dice Loris Mainardi, segretario generale Filtcem Cgil (Camera del Lavoro di Santa Croce) – "Non ci dimentichiamo delle oltre 500 aziende che tra concerie e filiera danno lavoro a migliaia di persone". La forza del distretto – aggiunge Mainardi – è stato fino ad oggi il sistema consortile. Se le accuse mosse dalla magistratura si riveleranno fondate vuol dire che eravamo di fronte ad un gigante con i piedi di sabbia, ovvero che il sistema consortile aveva bisogno di uscire dalla legalità per stare in piedi. Un disastro, se questo sistema crolla si rischia anche l’inizio di un fuggi fuggi generale con ripercussioni economiche e sociali inimmaginabili". "E se le accuse venissero confermate – conclude – vorrebbe anche dire che ci hanno preso in giro e raccontato per anni tanti favole sull’ambiente e sull’etica".

"Un’inchiesta del genere danneggia tutto il comparto produttivo e per questo siamo preoccupati, come lo sono clienti e fornitori, e banche. Abbiamo già ricevuto le prime telefonate dai vertici delle banche per capire che cosa sta succedendo", dice Michele Matteoli, presidente del Consorzio conciatori di Ponte a Egola, l’altra associazione di categoria del settore conciario estranea all’indagine. "E’ un momento molto difficile che arriva già dopo un anno terribile a causa del Covid - aggiunge Matteoli - e che rischia di assestare un altro colpo durissimo al made in Italy. Mi auguro che chi è coinvolto possa chiarire la propria posizione". Ma Matteoli lancia anche un appello: "In gioco non ci sono però solo i destini personali di qualcuno, ma c’è il rischio che tutto il distretto, che impiega da decenni garantisce il reddito a migliaia di famiglie, possa subire un contraccolpo negativo fortissimo sul mercato e dunque mi aspetto anche dai vertici nazionali di categoria il massimo supporto per ribadire c he il nostro è un distretto d’eccellenza apprezzato nel mondo e che come tale deve essere sostenuto e difeso nel rispetto della legalità". Il regno delle pelle toscana trema.