
Guardia di finanza (Giuseppe Cabras/New Press Photo)
Firenze, 7 febbraio 2020 - «Mica è andato lui dalla Finanza? Sicuro?". "Sicuro! Sicuro!". "Tanto dopo si vede sul verbale...loro ammazzano...da giù vengono sopra da Palermo e lo ammazzano". Conversazione registrata. Chi parla è un indagato per mafia nato a Foggia, residente a Prato, e l’interlocutore è un cittadino dello Sri Lanka al quale è intestata una ditta fittizia, inesistente. Una delle scatole vuote usate per ripulire ingenti somme di denaro provenienti dalla criminalità organizzata. Se non è mafia questa. Mafia che si è radicata in Toscana in maniera stabile, profonda. Ieri la Guardia di Finanza ha fatto scattare una delle più importanti operazioni per associazione mafiosa finalizzata al riciclaggio, all’autoriciclaggio e altri reati, mai eseguite in Toscana. Anzi tra la Toscana e la Sicilia. È stata denominata "Golden wood". Dodici persone arrestate, sei in carcere e sei ai domiciliari, 15 aziende sequestrate, decine di conti correnti e disponibilità finanziarie sotto sigilli. Il tutto condito con 120 perquisizioni, la maggior parte delle quali tra Prato, Firenze, Campi Bisenzio, Pisa, Pontedera, nel Lazio e in Sicilia. Oltre ai 12 arrestati ci sono 60 persone indagate per associazione per delinquere, riciclaggio e autoriciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti, intestazione fittizia di beni, contraffazione di documenti di identità e sostituzione di persona. Lo scopo del sodalizio illecito era quello di riciclare i proventi degli affari criminali della “famiglia mafiosa di Corso dei Mille” di Palermo, capeggiata da Pietro Tagliavia, condannato con sentenza irrevocabile per associazione mafiosa, figlio di Francesco Tagliavia, già esponente di vertice del mandamento di Brancaccio, condannato anch’egli all’ergastolo sia per la strage di via d’Amelio a Palermo che per quella di via dei Georgofili a Firenze. Gli indagati si erano messi a completa disposizione del Tagliavia nel periodo in cui egli era detenuto a Prato, tanto da reperirgli nel 2017 un’abitazione in Campi Bisenzio dove aveva poi scontato gli arresti domiciliari. E da fornirgli, clandestinamente un telefono con il quale mantenere i contatti anche con i propri sodali in Sicilia. Un fiume di soldi sporchi, un giro di denaro accertato dalla Finanza di oltre 150milioni di euro. Fatture false per oltre 50 milioni oltre a 40 milioni oggetto di riciclaggio e autoriciclaggio già accertati dagli inquirenti. In una intercettazione tra Prato e la Sicilia si sente distintamente una persona che conta mazzette di denaro contante e poi spiega che "no, non sono le nostre, sono i soldi che il mandamento ‘l’onorata società’ destina agli affiliati in carcere e alle loro famiglie. Ieri mattina l’operazione è stata disvelata nei dettagli e introdotta dal procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo che aveva al suo fianco il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho e il collega di Prato Giuseppe Nicolosi. am ag © RIPRODUZIONE RISERVATA