
Gaetano Napoli
Pisa,.12 maggio 2019 - Otto mesi nel Rojava per combattere nelle fila delle Ypg – Unità di protezione popolare del nord della Siria –, gomito a gomito col fiorentino Lorenzo Orsetti che in quella terra è stato ucciso. Gaetano Napoli lo scorso settembre è partito da Pisa, dove stava per laurearsi in Storia antica, con un obiettivo: «Annientare l’Isis», difendendo la libertà della regione autonoma da cui i curdi stanno cacciando il Califfato per avviare l’esperimento del Confederalismo democratico di Ocalan. Venticinque anni, studente universitario come tanti, approdato nella città della Torre pendente dal paradiso siciliano di Erice nel 2015. Poi la passione per il Medio Oriente si mischia alla «rabbia» per la sofferenza di migliaia di persone. Rabbia sempre più incontenibile che lo spinge a rimandare la tesi e la carriera da cantante rapper, entrando nella milizia armata.
Com’è maturata l’idea di arruolarsi nella guerra in Siria?
«Non ho mai partecipato a movimenti politici per scetticismo, preferendo esprimermi criticamente con la musica. Un giorno però ho visto le foto dei massacri causati dall’occupazione del Cantone di Afrin dai jihadisti e dalle forze turche che li supportano. Non potevo rimanere indifferente, spettatore passivo di una strage».
Arrivare in Siria non deve essere stato semplice. Quali canali ha utilizzato?
«I primi contatti dal sito dell’Ypg international. Dopo la selezione, ho comprato un biglietto aereo per l’Iraq. Quindi l’incontro con alcuni ‘compagni’ per superare insieme il confine con il Kurdistan siriano con mezzi di fortuna, tra cui un gommone per attraversare il fiume. Allo sbarco l’accoglienza con i kalashnikov, ma la determinazione è stata più forte della paura. Poi il passaggio in auto fino all’Accademia internazionale Ypg, dove ho trovato centinaia di rivoluzionari arrivati in Siria dall’Europa e da tutto il mondo».
Ed è lì che Gaetano diventa il combattente Shahin Serehed. Cosa è avvenuto poi?
«Mesi intensi di studio e lavoro collettivo, ma anche di addestramento coi miliziani per proteggere i villaggi dove la popolazione e i bambini, tanti, cercano di ricostruirsi un’esistenza libera dall’Isis e basata su principi democratici, equi anche per le donne. Alcuni gruppi a rotazione hanno lasciato la base per andare al fronte».
La morte di Lorenzo ‘Orso’ ha fatto da spartiacque. Che cosa ricorderà di lui?
«Un ragazzo eccezionale, difensore convinto della rivoluzione che coltivava il sogno di una convivenza pacifica. Era un nostro fratello».
Com’è stato il rientro a Pisa?
«La missione in Rojava mi ha cambiato profondamente. Vivere col popolo curdo e con gli Internazionalisti mi ha permesso di rivalutare la cultura capitalista in cui siamo immersi, riscoprendo la genuinità delle cose. Ma anche di capire che c’è un’Italia che resiste e lotta per la libertà. In autunno mi laurerò, poi tornerò dai compagni».