REDAZIONE CRONACA

Fine vita, Libera: "Fate presto. Ogni giorno in più è una tortura"

"Fate presto, i miei tempi non sono quelli della politica e della giustizia. ogni giorno in più è una tortura". ...

"Fate presto, i miei tempi non sono quelli della politica e della giustizia. ogni giorno in più è una tortura". ...

"Fate presto, i miei tempi non sono quelli della politica e della giustizia. ogni giorno in più è una tortura". ...

"Fate presto, i miei tempi non sono quelli della politica e della giustizia. ogni giorno in più è una tortura". A tre giorni dalla sentenza della Consulta sul suo caso, Libera, nome di fantasia scelto non a caso da una 55enne toscana, fa sentire la sua voce attraverso l’associazione Luca Coscioni a cui si è rivolta per la sua battaglia per morire. La malattia che ha colpito la donna nel 2007, una sclerosi multipla a decorso progressivo, l’ha paralizzata dal collo in giù. Per questo, pur essendo stata ammessa al suicidio assistito, non può autosomministrarsi il farmaco letale.

Si è così rivolta, con un ricorso in via d’urgenza, al tribunale di Firenze per autorizzare il suo medico di fiducia a farlo. Tutto è poi approdato alla Consulta per valutare una questione di costituzionalità sul reato di omicidio del consenziente, ovvero l’eutanasia, sollevata dal giudice fiorentino. Con la sentenza depositata 132 del 25 luglio scorso la Corte costituzionale non è entrata nel merito ma ha dichiarato inammissibile il quesito per difetto di motivazione del tribunale circa la reperibilità di dispositivi di autosomministrazione del farmaco adatti per Libera, cioè attivabili con comando vocale o tramite bocca o occhi. Così, spiega l’associazione Coscioni, il giudice ordinario dovrà ora "verificare a livello nazionale l’esistenza di strumentazioni per l’autosomministrazione. Nel frattempo le condizioni di Libera sono peggiorate, non riesce quasi più a parlare".

"Capisco che sia difficile comprendere davvero cosa significhi per me continuare ad aspettare - l’appello di Libera -. Ma è questo il punto: i miei tempi non sono quelli della politica. I parlamentari hanno rinviato la discussione sul fine vita a settembre, come se la mia malattia potesse prendersi una pausa estiva. I miei tempi non sono neanche quelli della giustizia. I giudici chiedono altra documentazione. Ma ogni giorno in più, per me, è sofferenza, una tortura, è umiliazione. Vi chiedo una sola cosa: fate presto".