Covid19, il primo test diffuso: positivi a quota 3,5%

In Toscana i risultati su un campione di 6.600 persone. Lo studio svela la concentrazione del virus tra la popolazione rimasta attiva

Test sierologici

Test sierologici

Firenze, 30 aprile 2020 - In Regione  sono arrivati i risultati dei primi test sierologici sui lavoratori che non hanno interrotto l’attività nel periodo del lockdown, circa 250mila persone (poi lo screening sarà esteso). Su 6.600 test effettuati nei laboratori privati che hanno aderito al programma regionale, 230 sono risultati positivi. Ovvero il 3,5%. Numeri su cui ci sono da fare distinguo e approfondimenti. Si tratta di un primo affresco, dopo aver mappato la popolazione sanitaria (51.500 persone, con esito positivo del test sierologico del 2,2% confermato dal tampone nell’1,1% dei casi) e quella delle Rsa (in via di completamento, con dati ancora disaggregati per Asl), che fornisce uno spaccato in misura spannometrica di quanti sono venuti in contatto con il virus, spaccato tuttavia privo di validità statistica, in quanto il campione che si è sottoposto al test non è rappresentativo della popolazione generale. Cosa dice questo numero? Così a grezzo, poco. Al momento il test rapido rivela la presenza di immunoglobuline M che compaiono più precocemente e indicano un’infezione in corso, e immunoglobuline G che compaiono più tardivamente e permangono più a lungo indicando che il sistema immunitario ha sviluppato le difese contro il virus. Si aspetta che i laboratori vengano riforniti dei test sierologici immunometrici che danno ulteriori informazioni (oltre alle IgM e alle IgG, misurano anche le IgA), ma nel frattempo si usano i test rapidi nei quali è stata notata una scarsa sensibilità sulle IgM: dà spesso falsi positivi. Le 230 persone risultate positive saranno tutte sottoposte a tampone nelle prossime ore. Nei test sierologici effettuati sulla popolazione sanitaria, su un vasto campione formato anche da gruppi fortemente esposti al virus, è stato notato che circa la metà del totale dei test sierologici positivi viene confermato tale dal tampone. Nel caso della popolazione meno esposta, ci si aspetta un risultato nettamente inferiore. In ogni caso i risultati del test sierologico forniscono due dati fondamentali per la tutela della salute pubblica. Il primo: al momento della conferma del tampone, fanno emergere una quota di attualmente positivi al virus che, diversamente, sarebbe stato difficile trovare nella popolazione asintomatica. Questi devono essere isolati, insieme ai loro contatti stretti, per impedire la diffusione del contagio. Il secondo: il test dice chi è venuto in contatto con il virus e ha sviluppato anticorpi. Nonostante non si sappia ancora se e per quanto tempo siano protettivi, serve per misurare la diffusione del virus. Quindi è proprio nella fase 2 che si inserisce il valore strategico dello screening a supporto della sorveglianza epidemiologica. Fra i timori di una seconda ondata epidemica e la voglia di ricominciare, in mezzo c’è la grande sfida di un intero Paese che dovrà imparare a convivere con il virus in una nuova normalità. Il sistema sanitario pubblico è chiamato a una seconda prova di forza. Dopo aver superato l’onda d’urto dell’iperafflusso di pazienti Covid in ospedale, senza andare in tilt grazie a una rete riplasmata in tempi record, la fase 2 richiede una riorganizzazione capillare della medicina territoriale (dal medico di famiglia all’igiene pubblica) in modo tale che sia in grado di scoprire rapidamente i casi positivi isolandoli con i loro contatti nel più breve tempo possibile. © RIPRODUZIONE RISERVATA