Coronavirus, i sindaci toscani scrivono a Conte: "Chiudere tutto ciò che non è essenziale"

"Fermare tutte le attività che non facciano parte del settore alimentare, medicale o sanitario, e delle relative filiere di produzione e di distribuzione o dell'informazione e degli altri settori essenziali"

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

Firenze, 21 marzo 2020 - Per l'emergenza coronavirus "chiediamo che sia fatto uno sforzo ulteriore: quello della chiusura, sull'intero territorio nazionale, di tutte le attività che non facciano parte del settore alimentare, medicale o sanitario, e delle relative filiere di produzione e di distribuzione o dell'informazione e degli altri settori essenziali. Questo con le modalità e per il periodo che riterrete più opportuni".

Lo chiedono vari sindaci della Toscana, tra cui quello di Firenze e della Città metropolitana Dario Nardella insieme ai colleghi di Prato, Pistoia, Arezzo, Livorno, Pisa e Lucca, in una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al presidente della Toscana Enrico Rossi.

"Pensiamo che si debbano mettere in campo tutte, ma proprio tutte le misure che ci consentano di vincere questa battaglia - aggiungono -. Lo sappiamo: è un sacrificio importante che si chiede al mondo delle imprese. Ma in questi giorni, in queste settimane non bisogna lasciare niente di intentato".

A firmare l'appello tutti i sindaci dei comuni capoluogo della Toscana, compresi anche Grosseto, Siena e Massa, e, tra gli altri, anche vari sindaci che sono presidenti delle Province toscane.

«Prendiamo atto delle misure sin qui adottate, che abbiamo difeso e spiegato oltre che applicate, ma ora siamo convinti che ci voglia uno sforzo in più - aggiungono i sindaci -. Ci chiediamo: ha senso limitare gli spostamenti delle persone, oppure chiudere le scuole, se poi ogni mattina migliaia di lavoratori si recano ai posti di lavoro nelle fabbriche affollando i mezzi di trasporto? Inevitabilmente, per quanto giustificati formalmente e con tutte le protezioni disponibili, entrano in contatto con altre persone, per strada e nei luoghi di lavoro. In molti contesti lavorativi, inoltre, le misure di sicurezza per la salute e la tutela dei lavoratori, non sono di fatto applicabili o lo sono parzialmente».

Per questo, «non è forse il caso di fare una valutazione attenta, in un momento così drammatico, limitando al massimo il movimento e la presenza di persone nelle nostre strade?»