Morì a 30 anni sui binari: svolta nelle indagini. I soldi, la lite, la fuga sul treno

Archiviata la posizione del pratese accusato dell’omicidio di Claudio Vita. La Procura ha aperto un nuovo fascicolo per sequestro di persona e minacce

Claudio Vita

Claudio Vita

Massa, 9 dicembre 2021 - Da carnefici a vittime. Sono state archiviate le posizioni dei due trentenni di Prato accusati di aver rubato diecimila euro al noto ristoratore Claudio Vita, 31 anni, che la notte fra il 18 e il 19 aprile di quest’anno ha perso la vita scivolando da un treno in corsa. In particolare uno dei due pratesi, entrambi trentenni, incensurati e anche loro impiegati nel settore della ristorazione, era accusato dell’omicidio di Vita. La Procura di Massa ha archiviato la sua posizione stabilendo che Vita è morto per un tragico incidente. Ma non solo, la Procura ha accolto la richiesta del legale del trentenne pratese, Leonardo Pugi (nella foto), che, in una memoria difensiva, aveva spiegato come il suo assistito non fosse coinvolto nella tragedia accaduta a Vita ma che anzi era lui stesso vittima in quanto sarebbe stato picchiato dal ristoratore originario di Montignoso, minacciato di morte e inseguito fino alla stazione di Massa.

L'avvocato Leonardo Pugi
L'avvocato Leonardo Pugi

Inoltre l’altro pratese, assistito dall’avvocato Giuseppina De Luca, venne costretto a salire sulla macchina dal padre di Vita e venne portato fino alla stazione di San Rossore nel disperato tentativo di intercettare il treno su cui erano saliti al volo il pratese e Vita. Una ricostruzione che avrebbe trovato diversi riscontri, sia nelle immagini delle telecamere di sorveglianza del locale di Vita dove avvenne la lite, sia dal fatto che i soldi spariti vennero ritrovati pochi giorni dopo la morte del ristoratore. I due pratesi hanno fatto denuncia e la Procura ha aperto un nuovo fascicolo con le accuse di sequestro di persona, minacce e percosse ai danni dei due pratesi. Fra gli indagati ci sono il padre di Vita e alcuni dipendenti del locale che avevano inseguito i pratesi.

La vicenda è piuttosto intricata tanto da sembrare la trama di un film, se non fosse per la tragedia che ha colpito il trentenne di Montignoso, molto amato dall’intera comunità. Ma riavvolgiamo il nastro di quella folle domenica di metà aprile. Secondo quanto ricostruito, i pratesi, quel giorno, avevano pranzato nel ristorante di Vita al Cinquale (tra l’altro in lockdown). Si conoscevano e spesso passavano le giornate di festa in Versilia. Pare che tutto il gruppo avesse alzato un po’ troppo il gomito. A un certo punto Vita, insieme ad alcuni dipendenti del locale, accusarono i pratesi di aver rubato un borsello con dentro diecimila euro. Nacque un diverbio piuttosto animato durante il quale i due amici vennero picchiati, come appare dalle immagini delle telecamere del ristorante. Uno riuscì a scappare mentre all’altro vennero tolte le chiavi della macchina per impedirgli di fuggire. "Non te ne vai di qui finché non spuntano fuori i soldi", lo minacciarono.

Nel frattempo il pratese scappato, quello difeso dall’avvocato Pugi, riuscì a raggiungere la stazione di Massa in maniera rocambolesca. Ma Vita lo rintracciò e lo intercettò sui binari. Il pratese, spaventato, si aggrappò a un treno in corsa. Vita fece lo stesso ma pochi chilometri dopo la stazione perse l’equilibrio e cadde sui binari sbattendo la testa. Il suo corpo senza vita dell’uomo venne trovato la mattina successiva.

Nel frattempo, il padre di Vita aveva costretto l’altro pratese rimasto prigioniero nel locale a salire in auto e a raggiungere la stazione di Pisa San Rossore (quella dove il treno merci si sarebbe dovuto fermare dopo Massa). L’auto, però, venne fermata dai carabinieri e il ragazzo, impaurito, chiese aiuto. La mattina successiva i carabinieri bussarono alla porta di casa del ragazzo scappato per la perquisizione: i soldi non furono trovati. In realtà, il borsello con il denaro venne rinvenuto nel locale di Vita, in uno sgabuzzino dietro a un sacco di zucchero, qualche giorno dopo la tragedia. La Procura ha rimesso in ordine i fatti e adesso il padre della vittima e alcuni dipendenti del locale rischiano di dover rispondere di accuse pesanti: sequestro di persona, minacce e percosse.