
Emanuele Scieri, il parà siciliano morto all’età di 26 anni nella caserma Gamerra
Pisa, 10 novembre 2022 - "Preso a pugni, costretto a fare flessioni e a respirare sostanze chimiche, dovevo stare sveglio di notte". Nove ore di udienza, quattro dedicate alla deposizione dell’ex caporale Alessandro Meucci sul nonnismo in caserma e la morte di Emanuele Scieri. Provato, ricorda non sempre quello che accadde 23 anni fa quando fu trovato il cadavere dell’allievo parà alla caserma Gamerra di Pisa. Una tragedia sulla quale la famiglia Scieri chiede giustizia e verità. "Quella notte vidi gli ex commilitoni Alessandro Panella, Luigi Zabara (ora entrambi sotto processo, ndr ) e Andrea Antico (assolto in abbreviato con l’ex generale Celentano e l’ex maggiore Romondia, è stato presentato appello, ndr ) sudati, agitati. Il primo disse ‘l’abbiamo fatta grossa’ e mi minacciò di morte".
Il processo si tiene dopo che la Procura di Pisa ha riaperto il caso e le indagini in seguito ai risultati della commissione parlamentare d’inchiesta. Secondo l’accusa i tre costrinsero Scieri a salire sulla torretta di asciugatura dei paracaduti e lo fecero cadere per le botte, abbandonandolo senza soccorrerlo. La notte fra il 13 e 14 agosto Meucci era di piantone. "Mi avvicinai per chiedere loro se fosse tutto a posto e Panella mi rispose, ‘fatti i c....i tuoi sennò ti ammazzo". E’ il cuore della sua lunga audizione davanti alla Corte d’assise, partita con la ricostruzione di tutti gli atti subiti. Con il passare delle ore e il crescere delle domande, però, i ricordi si fanno più faticosi, "ho un vuoto di memoria", afferma a un certo punto. Nel 1999 era ripiegatore di paracadute nella terza compagnia. Da Sora fu trasferito a Pisa: "Chi arrivava dalla fanteria era considerato inferiore, l’accoglienza era pessima. Venivo bullizzato". Perché non denunciò prima? "Ti prendevano di mira. C’era una sorta di mafia, erano tutti d’accordo. Più mi vedevano debole più esageravano". Il sostituto procuratore Sisto Restuccia e il procuratore Alessandro Crini proseguono ricordando altre deposizioni del test. "Nel 2018 dichiarò di aver sentito dire a Zabara a uno dei due ’stavolta hai esagerato’". Meucci spiega di essersi impaurito. E che, quando il lunedì 16 agosto fu rinvenuto il corpo di Lele, ebbe paura. "Ho passato un periodo difficile, nel quale ho pensato anche a farmi del male. Ero terrorizzato. Avevo paura che succedesse anche a me". Così partì per il nord con la fidanzata. "Me ne andai via il 19 agosto. Disertai per 4-5 giorni. Mi confidai con la mia ragazza che si rivolse ai carabinieri. Poi, per evitare conseguenze penali, previste per chi è in servizio e non rientra, tornai. E mi recai dai carabinieri". "Perché non raccontò che sapeva dettagli sulla fine di Scieri?", gli domandano. "Ero concentrato su quanto avevo passato". Il processo va avanti con le osservazioni della difesa dei due imputati. Zabara è quasi sempre stato presente in aula. Gli avvocati puntano su alcune dimenticanze del testimone, su dichiarazioni diverse rese. Sono ore interminabili e tese. Si prosegue sabato con un’altra lunga udienza.