Case popolari, scatta il giro di vite in Toscana: «Fuori chi ha commesso gravi reati»

Regione: verso la modifica dei criteri di assegnazione

Case popolari in una foto d'archivio

Case popolari in una foto d'archivio

Firenze, 21 luglio 2018 - Fuori chi sgarra delle case popolari. Fuori, in particolare, chi commette reati gravi. La novità arriva dopo la tragedia di Duccio Dini, il ragazzo fiorentino di 29 anni morto durante un inseguimento fra famiglie rom. Alcuni protagonisti di quel dramma sono poi risultati residenti nelle case popolari del Comune di Firenze, nonostante una lunga serie di precedenti penali e altrettanto numerose lamentele dei vicini. Una vicenda che ha provocato molte reazioni e durissimi attacchi del centrodestra. Ma anche il Pd ha preso posizione, applicando stavolta il pugno duro.

Così, Leonardo Marras e Stefano Scaramelli, rispettivamente capogruppo del Pd in Consiglio regionale e presidente della commissione sanità e politiche sociali (sempre Pd), hanno raccolto l’appello del sindaco di Firenze Dario Nardella e depositato due emendamenti alla nuova legge sull’Erp, prevedendo l’esclusione dalle case popolari di chi si macchia di reati gravi.

La normativa deve fare tutto l’iter di prassi, con l’approvazione in Commissione e poi in Consiglio. Ma trattandosi di un’iniziativa del partito di maggioranza è difficile pensare che non passi. Che cosa cambia in pratica? Fino a oggi poteva essere estromesso dalle case popolari coloro chi commetteva reati o danneggiamenti negli alloggi.

Il principio era insomma quello della «cura del bene» ovvero dell’immobile. Ora la filosofia è diversa: la norma sancisce che per stare in un alloggio popolare si debba in qualche modo «meritarselo». Così diventa requisito necessario «l’assenza di condanne penali passate in giudicato per delitti non colposi per i quali è prevista la pena detentiva non inferiore a cinque anni».

Solo a pena scontata e dopo cinque anni dalla condanna il soggetto può ripresentare domanda. «L’obiettivo – spiegano Marras e Scaramelli – è restringere i criteri per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, ma anche stabilire che la decadenza venga obbligatoriamente avviata dal Comune in caso di perdita successiva dei requisiti». Chi si macchia di reati gravi viene quindi depennato dalla graduatoria e, se ha già una casa popolare, la perde. Ma cosa succede se in quella stessa abitazione vivono i familiari? «Abbiamo previsto – spiegano i due consiglieri – che il Comune debba riassegnare l’alloggio a un altro componente della famiglia, stabilendo la decadenza della persona condannata». Questo rischia però di rendere meno efficace la legge, perché chi resta potrebbe ospitare chi è estromesso. È quindi in corso di valutazione anche l’introduzione di un divieto in questo senso. Prevista infine dalla nuova proposta di legge la decadenza dell’assegnatario che abbia riportato condanna definitiva per violenza o maltrattamenti verso il coniuge, i minori o altri componenti del nucleo familiare.