
FIRENZE
«Ho perso un amico. Un grande amico. Un uomo che voleva bene all’Africa e alla sua gente. Non lo dimenticheremo". Don Matteo Galloni, fondatore e anima della Comunità Amore e Libertà ha la sede operativa a due passi dalla Certosa del Galluzzo e il cuore in Congo, dove con i suoi missionari gestisce una parrocchia di 74mila persone. E’ là che ha conosciuto Luca Attanasio e la sua famiglia. E il dolore per la morte del giovane diplomatico lombardo, avvenuta in un agguato costato la vita l’altro ieri a Kibumba anche al carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo, è ancora più difficile da sopportare, se non fosse per il conforto della fede.
"Ci siamo conosciuti al suo arrivo a Kinshasa. Noi che siamo qui in Congo da 23 anni lo abbiamo accolto con gioia, subito ricambiata anche dalla moglie Zakia e dalle bambine. Parlavamo di ampliare di un’altra ala la nostra scuola - ricorda commosso don Galloni, che annuncia - e adesso contiamo di dedicargli se non l’intero edificio, almeno un luogo significativo".
Per Luca Attanasio il ruolo di ambasciatore non era un semplice lavoro, ma quasi una vocazione, una dedizione alle persone più povere della Terra, in uno dei territori più pericolosi del mondo. Una vocazione che ne ha incontrata un`altra, quella di don Matteo Galloni, fondatore della onlus Amore e Libertà, con sede in via di Colleremole ai Bottai, ma con una feconda attività in Congo. La Missione dell`associazione è nata nel 1997, a Masina III, estrema periferia di Kinshasa. L`anno successivo, per fronteggiare il problema dell`analfabetismo, la comunità ha fondato l`Ecolé de la Liberté: una scuola che oggi conta 900 studenti e che segue i giovani dalla materna fino alla maturità. Nel 2009 Amore e Libertà ha inaugurato a Kimpoko la sua seconda sede, che offre accoglienza e formazione per ragazzi e giovani adulti.
«Luca era una persona speciale - dice al telefono da Roma don Matteo - La prima volta ci venne a visitare in veste ufficiale, ma a diventare amici ci abbiamo messo poco. Rimase molto colpito dalla nostra accoglienza riservata ai bambini orfani, che vivevano con noi e venivano educati come figli. Bambini che, grazie alla nostra guida e al loro impegno, hanno studiato e sono diventati professionisti affermati: dottori, avvocati, economisti. Era convinto che il Congo potesse crescere solo se avessero potuto studiare e raggiungere posizioni dirigenti anche i figli dei poveri. In questo il suo modello era don Milani. Il suo legame con la Missione era talmente forte - continua - che tornò spesso da noi a Kinshasa, insieme alla moglie e alle figlie, che giocavano con i nostri piccoli. La sua macchina non viaggiava mai vuota: era in tutto un nostro volontario, tanto da adottare uno dei bambini e dare vita insieme alla moglie all’associazione Mama Sophia, al fianco delle madri in difficoltà. Lei musulmana e lui cattolico erano l’immagine viva dell’amore".