Almanacco del giorno, 26 agosto 1498: a Michelangelo viene commissionata la Pietà

Il dolore e la bellezza: storia e curiosità di una delle sculture più incantevoli della storia dell’arte

La Pietà di Michelangelo

La Pietà di Michelangelo

Firenze, 26 agosto 2021 - Il dolore di una Mamma che ha tra le braccia un Figlio morto. L’arte che tributa la sua più alta forma di bellezza. La grazia che commuove e sconvolge. E poi la forza fragile, che sorregge il peso del mondo. L’abbandono del corpo, che è notte fresca e promessa del giorno. Una Madonna bambina, dove il tempo non osa. Due silenzi insondabili, che sono domanda e risposta. Tutto questo fa della Pietà di Michelangelo una delle sculture più incantevoli della storia dell’arte. Il capolavoro di un istante che ha a che fare con l’eternità, fermato nel sigillo dell’eternità del marmo.

Dopo averla vista, il Vasari scrisse: “Non pensi mai scultore né artefice raro potere aggiugnere di disegno, né di grazia, né con fatica poter mai di finitezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con arte, quanto Michele Agnolo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore et il potere dell’arte. Fra le cose belle che vi sono, oltra i panni divini suoi, si scorge il morto Cristo, e non si pensi alcuno di bellezza di membra e d’artifizio di corpo vedere uno ignudo tanto divino, né ancora un morto che più simile al morto di quello paia”.

Era il 26 agosto del 1498 quando a un ragazzo poco più che ventenne, di nome Michelangelo Buonarroti, venne commissionata dall’anziano cardinale francese Jean Bilhères de Lagraulas, ambasciatore del re Carlo VIII presso papa Alessandro VI, la scultura di una Vergine Maria vestita, con Cristo morto in braccio. Aveva un anno di tempo per realizzarla. “Sarà la più bella scultura di Roma”, disse il garante che sostituiva Michelangelo firmando il contratto per la Pietà vaticana. E, mai come in questo caso, le promesse non furono tradite. 

Si dice che Michelangelo abbia impiegato nove mesi solo per scegliere il giusto blocco di marmo, estratto eseguendo un profondo taglio nella cava, e trasportarlo dalle cave di Carrara a Roma. Leggenda vuole che Michelangelo avesse dedicato alla lucidatura della sua opera, un tempo equivalente a quello che gli fu necessario per scolpirla. E si narra che proprio nel giorno in cui la scultura venne installata a Santa Petronilla, chiesa francese vicina alla Basilica di San Pietro, il 6 agosto 1499, il cardinale Jean Bilhères morì. Michelangelo aveva appena consegnato alla storia una delle opere più rappresentative del Rinascimento, tra le maggiori che l’Occidente abbia mai prodotto. Ma gli occhi dell’anziano Cardinale non fecero in tempo ad ammirarla.

La Pietà vaticana è l’unica opera che Michelangelo abbia mai firmato. Narra il Vasari che un giorno, alcuni gentiluomini lombardi, ammirando la bellezza della statua e tessendone le lodi, ipotizzarono fosse opera di un loro conterraneo. Allora Buonarroti, che aveva ascoltato la discussione, si nascose nella chiesa e incise di notte il suo nome sulla fascia a tracolla che regge il manto della Vergine. Ma quest’opera possiede anche un’altra particolarità, impercettibile e intrigante: il Cristo ha un dente in più, un quinto incisivo centrale, considerato “il dente del peccato”. Per gli artisti rinascimentali era prerogativa di personaggi negativi, mentre il Cristo della Pietà ne è dotato avendo preso, con la sua morte, su di sé tutti i peccati del mondo.

Accolto in casa da Lorenzo il Magnifico, conteso da principi e Papi. Ma anche costretto a fuggire dalla sua Firenze dopo la cacciata dei Medici e poi dalla capitale saccheggiata dai barbari. Obbligato a destreggiarsi nelle lotte per il potere e nei rivolgimenti politici della sua città, dove si diffondevano i sermoni apocalittici del Savonarola. Michelangelo “il divino” come già lo definiva in vita Giorgio Vasari, artista unico e universale, è stato testimone e spesso protagonista, di un secolo glorioso e travagliato. E a dispetto di un carattere estremamente schivo, la sua lunga vita è stata prodiga di capolavori, dal David agli affreschi della Sistina alla cupola di San Pietro.

Tra tutti, spicca la Pietà esposta nella basilica di San Pietro: che con la sua perfezione, il naturalismo virtuoso e la potente ispirazione classicistica, è la sua prima opera per eccellenza. Impossibile non rimanere incantati da quella scena: la Madonna, giovane come quando concepì Gesù, seduta su una sporgenza rocciosa che allude al Calvario, pare custodire e cullare il figlio morto, adagiato sul suo ampio panneggio. Lo regge senza scomporsi, senza fatica: non c’è sforzo apparente mentre sorregge - con un gesto pacato, innocente e discreto - il corpo levigato e gracile del Risorto, delicatamente bello e umano, su cui non c’è traccia dello strazio del martirio. Il volto rassegnato della Madonna, che si muove pur essendo roccia, ad esprimere il superamento delle forze terrene.

L’opulenza dei suoi veli, dissimulazione delle cose segrete, che si susseguono come onde del mare destinate a infrangersi per poi tornare in se stesse. Il corpo esanime del Cristo, privo della rigidità delle rappresentazioni iconografiche precedenti, specchio di un’inedita compostezza di sentimenti.  La vita e la morte sembrano fondersi, protesi al vertice, tendere all’unità della testa della Vergine, al raggiungimento della ‘perfezione divina’, all’unione mistica. In questa delicata fusione tra bellezza formale e verità teologica, è racchiuso l’intero segreto di un capolavoro fermato nel marmo. E di un dolore immaginato col cuore: che tace e va oltre.

Nasce oggi

Madre Teresa di Calcutta, nata il 26 agosto 1910 a Skopje (ex Jugoslavia). Missionaria, fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della Carità, è stata proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II il 19 ottobre 2003 e santa da Papa Francesco il 4 settembre 2016. Il suo lavoro instancabile tra le vittime della povertà di Calcutta l’ha resa una delle persone più famose e apprezzate al mondo, e le valse numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Nobel per la Pace nel 1979. Ha detto: “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano. Ma se non lo facessimo, l’oceano avrebbe una goccia in meno”.

Maurizio Costanzo