
Firenze, 17 novembre 2023 – L’alluvione del 2 novembre ha messo in ginocchio anche l’agricoltura: la Toscana come pochi mesi fa l’Emilia Romagna. Lo sa bene Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti.
Presidente, come si può rialzare il vostro settore?
"Il problema è che sono due eventi che ne seguono altri: prima c’erano state le Marche, Ischia e la Liguria. Questo testimonia la fragilità del nostro territorio, così come la forza delle precipitazioni. Dobbiamo essere lungimiranti: servono le infrastrutture necessarie a contenere l’acqua che cade in grande quantità in tempi ristretti. Oggi tratteniamo soltanto l’11% dell’acqua piovana, mentre in Francia sono al 36%".
Soluzioni?
"Accumulare l’acqua nei bacini vuol dire dare una risposta al dissesto idrogeologico, poter puntare sull’energia rinnovabile e avere risorse in cascina di fronte a estati siccitose, come quella del 2022".
Capitolo ristori: quali richieste?
"L’importante è la tempestività nel dare risposte altrimenti le persone si scoraggiano, soprattutto le nuove generazioni: c’è il rischio che interi territori vengano abbandonati con tutti i rischi che ne conseguono".
In Toscana le vostre stime parlano di 50 milioni di euro di danni nel florovivaismo pistoiese e numeri in crescita per le altre produzioni.
"Si parte da un danno iniziale quantificato in 50 milioni ma è ovvio che tenderà a salire sempre di più. E, in questo settore, non ci sono solo le perdite immediate ma anche quelle successive. Per il florovivaismo è chiaro che quando si presenta una situazione del genere si perde il valore effettivo della pianta e la possibilità di coltivarla nei prossimi mesi".
Quali prodotti subiranno le conseguenze più gravi?
"I danni sono molto diversificati: le piante che erano in una fase di sviluppo avanzato sono quelle meno interessate mentre tutto ciò che riguarda le colture intensive nei vivai, i fiori in vaso e ciò che in serra è stato colpito in maniera importante, in alcuni casi anche con la perdita totale della produzione".
Un esempio?
"Le stelle di Natale che stanno per partire con la fase di commercializzazione fra punti vendita e garden ma hanno subito pesantemente questo fenomeno. E poi non dimentichiamoci che il 60% dei nostri prodotti vengono esportati all’estero, quindi il rischio maggiore quello che potremmo patire sul mercato internazionale".
La conta di ciò che manca in cassa si fa adesso ma quella più attendibile potrà esserci soltanto fra un anno. Nel frattempo il settore del florovivaismo cosa deve fare per tenere botta?
"E’ questo il vero tema: intanto si perde la fase di commercializzazione, come successo per l’ortofrutta in Emilia. Nel medio periodo mi auguro che sia un insegnamento per istituzioni regionali e nazionali: ci sono da modificare le norme e rendere più facile la manutenzione delle infrastrutture così come la costruzione di vasche per la laminazione. Se riusciremo a dare risposte tempestive, le aziende saranno nelle condizioni di poter ripartire e, sicuramente, si potrà andare alla riconquista dei mercati e dei prodotti, altrimenti il rischio è grande: stiamo parlando di un indotto che riguarda più di 4 milioni di persone in Italia".
Saverio Melegari