PIETRO MECAROZZI
Cronaca

Alluvione, lavori e ritardi. "Progetto da 30 milioni approvato nel 2005, ne sono arrivati dieci"

Bottino (Anbi) cita l’esempio della manutenzione del Marina (Campi Bisenzio): "Le risorse a disposizione da Regione e governo non sono sufficienti. Ma il vero malato resta il reticolo minore”

Firenze, 13 novembre 2023 – «I progetti ci sono, e siamo in grado di elaborarli e presentarli con celerità, ma poi arriva la parte autorizzativa e lì i tempi si allungano. Infine, c’è la lunga attesa per i finanziamenti". Marco Bottino, presidente dell’Anbi toscana, l’associazione nazionale dei Consorzi di bonifica, e del Consorzio di bonifica Medio Valdarno, non fa segreto sulle debolezze del sistema di sicurezza idrogeologico toscano messe a nudo dall’alluvione che ha travolto la Regione. Cercare un colpevole, però, in questo momento "non è la scelta giusta, bensì dobbiamo pensare a cosa si può fare per mitigare possibili eventi simili che con molta probabilità potranno verificarsi di nuovo in futuro", spiega ancora.

Campi Bisenzio, la rimozione di detriti e rifiuti dopo l'alluvione (Fotocronache Germogli)
Campi Bisenzio, la rimozione di detriti e rifiuti dopo l'alluvione (Fotocronache Germogli)

Bottino, la manutenzione dei fiumi e degli argini è stata molto criticata in questi giorni, e c’è chi punta il dito sull’operato del Consorzio di bonifica.

"Mettiamo subito in chiaro una questione: bisogna smettere di pensare che il rischio idraulico si elimini, è impossibile prevedere e gestire temporali come quelli che si sono abbattuti sui territori toscani. Mentre per l’alluvione dell’Emilia Romagna si è parlato dell’eccezionalità del fenomeno atmosferico, oggi stiamo cercando un capro espiatorio da accusare. Gli effetti di eventi simili si possono mitigare, per quanto riguarda l’impatto sul sistema idrogeologico, e in questo senso come Consorzio abbiamo fatto molto".

Si spieghi meglio.

"Il sistema toscana, che comprende Regione e Consorzi di Bonifica, ha investito nella manutenzione ordinaria e straordinaria dei reticoli idrici minori e maggiori circa 85 milioni di euro negli ultimi cinque anni. Mai nessuna Regione ha investito così tanto. Per fare un esempio: per corsi d’acqua che scorrono nella zona di Campi Bisenzio, dal 1991 al 2011 sono stati spesi 47 milioni di euro, tra impianti idrovori, casse di espansione, rimozione di alberature e di detriti. Si parla, per ovvie ragioni, dei danni causati da un evento incontrollabile come quello delle scorse settimane, ma con i nostri interventi abbiamo evitato tanti disastri che potevano verificarsi negli anni passati in zone soggette a continui allagamenti".

Le aree colpite sono considerate ad alto rischio idrogeologico, lo dicono le mappe dell’Autorità di bacino. Si poteva fare qualcosa in più almeno per mitigare l’impatto di questo fenomeno estremo?

"Si può portare a termine i progetti che noi periodicamente presentiamo e che purtroppo non sempre vengono finanziati con tempi adeguati. Nel 2005 è stato approvato un nostro progetto, suddiviso in dieci lotti, da 30 milioni di euro per rafforzare gli argini del torrente Marina (tracimato a Campi Bisenzio ndr) ma ad oggi abbiamo avuto circa 10 milioni. Perché? Si deve sempre tenere conto delle disponibilità dei bilanci della Regione e del Governo. Si tratta comunque di progetti che richiedono investimenti massicci: abbiamo stimato, per esempio, che per tutta la Toscana servirebbero circa 780 milioni di euro per eseguire interventi strutturali sugli argini dei fiumi e opere per contrastare in modo efficace il rischio di allagamenti".

Come vi state muovendo invece per riparare gli argini franati in questi giorni?

"In primis stiamo mettendo in sicurezza i corsi dei fiumi, riparando le arginature che sono crollate, applicando teli nelle parti franate per favorire lo scorrimento dell’acqua, rimuovendo le alberature e i detriti dagli alvei. E stiamo anche ispezionando il reticolo idraulico interessato dagli ultimi eventi per verificare i danni che sono stati causati. Il vero malato resta comunque è il reticolo dei fiumi minori: nei territori colpiti c’è un altissimo consumo del suolo, quindi dobbiamo ripensare alla strategia d’intervento. Perché non è più possibile creare grandi casse di espansione per rallentare l’energia di una possibile piena, in quanto l’opera dell’uomo, privata, industriale o agricola, ha occupato gli spazi disponibili limitrofi ai corsi d’acqua. E questo, forse più di tutti, è un problema con il quale dovremmo fare i conti anche in futuro”.