LUIGI CAROPPO
Cronaca

I motivi del disastro: “Aree ad alto rischio, era tutto già scritto. Molti lavori non fatti”

Parla il segretario dell’Autorità di bacino, Gaia Checcucci. Le mappe “parlano chiaro”: alluvioni e frane “dove previsto”

Firenze, 10 novembre 2023 – Segretario Generale dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino Settentrionale, Gaia Checcucci, cosa ha pensato nella notte tra giovedì e venerdì scorso quando ha saputo del disastro che stava avvenendo in Toscana? 

"Già la mattina di giovedì avevamo chiaro che le previsioni delineavano una situazione di forte criticità e di serie piogge dalla Lunigiana sino al Mugello con i massimi in Val di Bisenzio e Ombrone. Verso le 19 il modello diceva che il Bisenzio andava verso il secondo livello e oltre, e, in aggiunta, i temporali erano troppo localizzati per poter essere assorbiti dal suolo, tant’è che il torrente Furba (che è un affluente di destra dell’Ombrone) a Seano stava già esondando. Al contempo, sapevamo anche che per l’Arno non ci sarebbe stato alcun problema, unicamente grazie al fatto che in Casentino e nel Valdarno superiore non pioveva così intensamente come nelle altre zone e che quindi ci sarebbe stata una piena come ce ne sono 3/4 volte l’anno (600/700 mc a fronte dei 4000 mc del 1966 per dare un riferimento)”.

Gaia Checcucci (foto Marco Mori/New Press Photo)
Gaia Checcucci (foto Marco Mori/New Press Photo)

L'ente che lei guida vara la pianificazione e disegna la mappatura per i rischi alluvionali e franosi di tutta la Toscana, di parte della Liguria e di un lembo di Umbria. Che scenario aveva di fronte alla fine di ottobre prima del ciclone devastante?

"L’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Settentrionale è uno dei 7 Enti di Distretto che ha per legge la competenza “della mappatura della pericolosità da alluvione e da frana e la correlata pianificazione di bacino ”. In altre parole, siamo noi che attraverso i nostri due Piani, il Piano di gestione Rischio Alluvioni (PGRA) e il Piano di Assetto Idrogeologico per le Frane (PAI frane) mappiamo le aree a rischio idrogeologico, ovvero da esondazione e/o da frana. In relazione all’evento, al di là della violenza con la quale si è manifestato, le aree della nostra mappatura coincidono perfettamente con quanto poi effettivamente accaduto, tant’è che proprio in corrispondenza dei punti in cui si sono verificate le rotture arginali o le tracimazioni, sulla nostra mappa sono disegnate le aree a pericolosità elevata e destinate ad allagamenti. Per le frane lo stesso: il PAI indica correttamente le aree critiche per il rischio frana là dove queste si sono verificate in passato e l’ambito di criticità (al netto di nuove che avremo) è stato chiaramente individuato, in particolare in Val di Bisenzio. Il nostro quadro conoscitivo – anche se i Piani hanno una durata per legge di 6 anni - è oggetto di aggiornamento in continuo, a fronte di modellazioni e approfondimenti che in collaborazione con la Regione e gli Enti Locali, facciamo volta per volta nelle singole aree. E’ chiaro che il prossimo quadro conoscitivo registrerà i dissesti e gli allagamenti effettivamente avvenuti e di conseguenza integrerà le mappature esistenti nel dettaglio, che peraltro sono già oggetto del nostro lavoro di aggiornamento in ordinario. Al di là dei puntuali aggiornamenti, i territori interessati dalla nostra mappatura di pericolosità da rischio alluvioni sono quelle”.

LA MAPPA DEL RISCHIO (clicca qui)

Chiaro quindi il messaggio che il piano dell'Autorità di bacino aveva mandato sia al governo centrale che alle amministrazioni territoriali, Regione in testa. Molte le aree ad alto rischio lungo i fiumi e i torrenti, altrettante a rischio frane nelle aree pedemontane. 

"I nostri Piani sono frutto di un articolato percorso: vengono predisposti internamente dall’Autorità, sottoposti all’adozione dei nostri organi che sono la “Conferenza operativa” dove siedono i rappresentanti delle Regioni territorialmente ricadenti nel nostro Distretto e dei Ministeri competenti, ( Ambiente, Agricoltura, Infrastrutture, Cultura e la Protezione Civile), sono pubblicati per le osservazioni e integrazioni, e infine approvati nell’altro nostro organo che è la “Conferenza Istituzionale “ composta dagli stessi soggetti nelle loro rappresentanze politiche, ovvero Ministri e Assessori. L’atto finale che recepisce i Piani è un DPCM e come tale è sovraordinato rispetto ad eventuali piani e pianetti che la Regione o qualunque Comune possa fare. L’Autorità fa la mappatura e la pianificazione ovvero delimita le aree e individua per ciascuna di esse ciò che deve esser fatto a livello di opere come casse di espansione, argini, scolmatori, ovvero tutte quelle cd “misure di protezione”, “gli interventi preventivi” che servono per incamerare e trattenere quantità di acqua sufficiente affinché si possa governare e gestire il rischio”.

Il vostro piano 2021/2027 che aggiornate continuamente ritiene sia stato recepito dalla Regione che ha in mano la gestione urbanistica del territorio e dai singoli Comuni a fronte di quanto avvenuto all'inizio di novembre?

"Il Piano è correttamente recepito dalla legge regionale sulla difesa del suolo e dai regolamenti di dettaglio che vi sono. L’Autorità opera sul distretto e quindi su aree che hanno una logica di bacino idrografico, con l’intento di scattare una fotografia del territorio a colori e in costante affinamento e indicando il perimetro di ciò che si può o non si può fare. Esempio: in P3 non si possono fare scuole, sottopassi, ospedali, ecc.. Questo vale per il futuro. E per ciò che esiste già? In un’area come quella interessato dall’evento, oltre ad utilizzare gli strumenti di governo del territorio in modo consapevole e sostenibile a fronte della pericolosità mappata per tutto ciò che riguarda il nuovo, il tema vero è la gestione di ciò che già c’è. In questo senso, gestire il presente a fronte di una grande urbanizzazione e garantire le migliori condizioni di sviluppo, significa fare un grande lavoro in termini di strumenti di Protezione Civile. Ciò equivale ad integrare nella sostanza, e non solo formalmente, le azioni e le misure e di protezione civile nei piani comunali ed intercomunali di protezione civile per l’ottimale gestione del rischio in fase di evento. Su questi ultimi aspetti l’Autorità di distretto non da giudizi né può intervenire. Ognuno risponde di, e per, ciò che fa ai sensi di legge".

E' tempo di soccorsi e ricostruzione, ma bisognerà anche capire se, oltre al ciclone,  ci sono state concause relativamente a lavori non fatti, fatti male, rimandati oppure non efficaci.

"Ho letto molte dichiarazioni che imputano al non esserci i fondi e alla troppa burocrazia la causa del non realizzato o dei ritardi. Facendo riferimento alle opere come le arginature del Marina o le casse di espansione sui bacini del l’Ombrone e del Bisenzio, atteso che esse sono priorità individuate sia dalla pianificazione di bacino, che da successivi protocolli o accordi attuativi, dal 2010 ad oggi risultano 30 milioni di euro solo di fondi ministeriali, di cui circa 10 per le arginature del torrente Marina. Poi ci sono quelle regionali. Ad oggi, come noto (vedi argine coincidente con il muro di Villa Montalvo alla confluenza del Bisenzio e dell’Ombrone) tutte le arginature necessarie e alcune casse di espansione a monte dei corsi d’acqua interessati non sono state tutte completate. E‘ un dato di fatto. In quanto alla burocrazia: nessuno dice che non ci sia. Talvolta anche l’assenza di condivisione dei dati – come ad esempio quelli della protezione civile regionale - mette in difficoltà anche l’Autorità di distretto. Il punto è che la riconduzione in capo al “Presidente di regione Commissario per il dissesto idrogeologico” (riforma voluta nel 2014 dal Governo Renzi al posto dei precedenti “Commissari di nomina governativa” del 2010) è proprio lo strumento per superarle. Se vi sono ostacoli di enti o altre amministrazioni, i poteri speciali che il Presidente Giani detiene, anche in deroga, consentono di superare ogni impedimento. Leggo che i consorzi si lamentano delle lungaggini autorizzative. Roma avrà tante responsabilità , qui però il perimetro dal 2014 è circoscritto alla regione”.

I consorzi di bonifica sono al centro delle polemiche. Specialmente per la gestione del reticolo minore (torrenti e rii). La filiera dell'efficienza dal suo punto di vista è forte in Toscana o c'è troppa frammentazione di competenze o ritardi o burocrazia o pochi fondi?

"Non voglio parlare di colpe. Io credo che la filiera amministrativa sia chiara: il Presidente di regione Commissario deve attuare le opere contro il dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza usando le risorse che ci sono. Con i suoi poteri previsti dalla legge c’è poco che lo vincoli o ritardi il suo operato. Può agire con la contabilità speciale e può avvalersi di chi vuole anche a pagamento. Se non lo fa è per sua scelta. Gli interventi e le opere di prevenzione sono pianificate dall’Autorità e sono previste in tutte le programmazioni esistenti, a cominciare da quelle nazionali che nelle diverse linee di finanziamento (che siano di bilancio e/o di fondi europei) le individuano come priorità. Quando leggo che si imputa la responsabilità ai tagli del Governo dai fondi PNRR, provo dispiacere perché so che chi lo dice è il primo che sa che non è vero”.

Si è detto che le opere servono e tutelano il territorio. In particolare, si sono accesi i riflettori sulla diga di Bilancino e sulle casse di espansione dell'Arno come esempi virtuosi. Firenze si è salvata così oppure perché è piovuto poco a monte?

"Firenze non doveva salvarsi perché fortunatamente non ci sono state condizioni meteorologiche e quindi di piena tali da porsi questo problema. La piena che c’è stata non aveva bisogno di essere né mitigata né laminata. Semplicemente non ha piovuto tanto né in Casentino né nel Valdarno Superiore. Se avesse piovuto a monte di Firenze nel modo in cui lo ha fatto nella Val di Bisenzio e dell’Ombrone, cosa sarebbe accaduto? Le rispondo che non può funzionare ciò che non c’è. Le quattro casse di espansione insieme al rialzamento della diga di Levane sono dal 1999 nel Piano Rischio Idraulico dell’Autorità di bacino e il sistema è previsto invasi circa 35 milioni di mc di acqua, perché per mitigare il rischio su Firenze questi sono i quantitativi necessari. Ad oggi, al di là di arginature e qualche opera accessoria che produce effetti solo sul reticolo circostante del Valdarno, la prima cassa “Pizziconi” che dovrebbe invasare 4.3 milioni di mc non è terminata perché manca l’opera di presa che è in corso dal 2022. Per le altre tre casse siamo tra “l’aggiudicazione dei lavori” di Restone e lo stadio della progettazione per le altre due casse Prulli (esecutiva) e Leccio(preliminare). Solo il sistema delle 4 casse realizzate consente di trattenere circa 25 milioni di mc. In quanto a Levane (il rialzamento della diga che consentirebbe di invasare circa 9,5 milioni di mc) i finanziamenti messi a disposizione dal Ministero dell’Ambiente sono stati dalla Regione dirottati su altri interventi perché è rimasto alla progettazione definitiva dal 2015. Le casse di espansione sono tutte state finanziate con i costi di allora nel 2005 dal Ministero e dalla Regione (dal compianto Ministro Matteoli con il cd “Piano Arno 200 milioni”) per i costi di allora ( che erano circa 50 milioni) Poi i costi della progettazione e della realizzazione sono aumentati e le casse sono state ulteriormente finanziate da tutti i governi che si sono succeduti e su tutte le linee di finanziamento possibili, proprio perché sono unanimemente riconosciute come la priorità delle priorità. Il problema non sono dunque le risorse Bilancino? Non ha avuto alcun impatto in questo evento sull’Arno, proprio il nostro fiume perché non ne aveva bisogno. Ha contribuito alle aree critiche della val di Sieve, come Sagginale. Ma in quanto al resto, dire che Bilancino e le casse hanno salvato Firenze è mentire sapendo di farlo”.

Sistema dell'allerta. I colori sono da rivedere? Le comunicazioni ai cittadini e i metodi idem? Diversi sindaci hanno detto che l'arancione non era sufficiente per far capire il dramma incombente.

"Il livello di allerta in effetti non fotografava chiaramente ciò che indicavano le previsioni, in particolare per il reticolo principale e per alcune aree (come il Mugello che indicava un’allerta gialla). L’evento ha senz’altro messo in luce che sul sistema di preannuncio e in particolare sui modelli di previsione meteorologica e di effetti al suolo in corso di evento debba essere ancora fatto molto, soprattutto oggi che con il cambiamento climatico assistiamo a fenomeni a cui, negli anni precedenti, eravamo poco abituati. Le campagne di informazione ai cittadini e la comunicazione sono aspetti fondamentali nella gestione del rischio. Conoscere quali siano le azioni da fare o non fare in presenza di un evento alluvionale è determinante.

Giani commissario per l'emergenza e poi chi per la ricostruzione?

"Le rispondo così: il Presidente Giani è già Commissario per le tante emergenze in termini di eventi meteorologici (esempio per Massa Carrara e per l’alto Mugello); è Commissario di protezione Civile ogni qualvolta c’è un evento estremo, dalla siccità alle alluvioni, ivi compresa questa. Giani però, vorrei ricordarlo, è anche Commissario di governo dal 2014 per l’attuazione delle opere e degli interventi contro il dissesto idrogeologico. In altri termini, il Presidente di regione attraverso poteri sostitutivi che sostituiscono tutti i nulla osta e le autorizzazioni, procedure accelerate per gli espropri, deroghe, semplificazioni di legge e contabili visto che agisce tramite apposita contabilità speciale ecc.. può e deve fare le opere strutturali per mitigare il rischio idrogeologico”.

Prima il Mugello a maggio ora la Val Bisenzio, le frane mettono in ginocchio vaste aree toscane. E le ferite restano più del fango. Un'emergenza sottovalutata?

"Purtroppo sì: in generale è un emergenza sottovalutata. Il rischio legato alle frane è particolarmente insidioso, infatti è distribuito sul territorio a macchia di leopardo, aumenta gradualmente con il progredire della stagione piovosa ma può verificarsi tutto insieme in occasione di un singolo evento intenso. Le frane inoltre danneggiano estesamente il reticolo idraulico e ne compromettono la funzionalità con effetti diretti sul rischio alluvione, si pensi ai danni gravissimi lungo il torrente Bardena e Bagnolo in provincia di Prato, ma anche ai tratti danneggiati delle arginature in pianura. In ogni caso, più che parlare dei cambiamenti climatici in atto, la miglior risposta è l’azione in ordinario, il lavoro costante delle strutture preposte a fare ciò che devono. Soprattutto prima, che dopo, soprattutto in tempi “di pace” Non è che per agire si debba sempre farlo in emergenza.

Ci sarebbe bisogno di un piano straordinario nazionale con un coordinamento ad hoc per mettere in atto strategie comuni e fondi speciali per far fronte al rischio frane e alluvioni?

“Prima di tutto ci sarebbe bisogno di realizzare le opere finanziate che, ripeto, sono appannaggio dei Presidenti di regione Commissari di Governo contro il dissesto. Ogni situazione deve essere valutata sulla base dei numeri della spesa. Ci sarà chi funziona e chi funziona meno. Si abbia l’onesta intellettuale, senza colpevolizzazioni di bandiera, di riconoscere e individuare correttivi puntuali. Non è che ogni volta si fa una riforma perché le cose non funzionano. Si intervenga dove è necessario e si lasci fare chi e cosa fa bene il suo lavoro. Le cabine di regia speciali servono solo transitoriamente se possono condizionare al raggiungimento di alcuni target di realizzazione delle opere, le risorse che erogheranno o effettivamente togliere quelle che ci sono se non vengono spese. Occorre però una forte investitura pubblica e condivisione politica. Contrariamente, creano ulteriore appesantimento e stratificazione di competenze. Questo è il paese delle emergenze e dei Commissari provvisori che diventano permanenti. Io credo alle professionalità che esistono e che spesso non sono conosciute e alla gestione “straordinariamente” ordinarie. Ogni anno si accumulano somme che non vengono spese il cui valore reale si riduce progressivamente per l’aumento dei costi mettendo a repentaglio la realizzazione stessa delle opere programmate. Se venissero realizzati senza indugio gli interventi, le risorse necessarie per riparare i danni prodotti dalla loro mancata realizzazione potrebbero essere destinate a nuovi interventi, aumentando progressivamente la sicurezza del territorio. Progettare quello che si conta di realizzare davvero e non realizzare quello che si è progettato e che spesso, sempre, deve essere riprogettato, sulla base di studi estesi a bacini per individuare le opere efficaci. Avvicinare la progettazione alla realizzazione. Più che un piano straordinario di interventi andrebbe pensato un piano straordinario di spesa delle risorse già disponibili. Che, ad oggi, sono anche troppe per il reale stato di realizzazione - da intendersi non come aggiudicazione lavori, contratti sottoscritti ecc.. ma come vere e proprie opere collaudate - che si aggira su un imbarazzante 6/7% a livello nazionale".