Pensai: "E' finito tutto": l'italiano a New York che vide l'attacco da un tetto

Il livornese Andrea Lucignani vent'anni fa si trovava nella Grande Mela, dove gestiva un negozio

Il memorial newyorchese dell'11 settembre. Nel riquadro andrea Lucignani

Il memorial newyorchese dell'11 settembre. Nel riquadro andrea Lucignani

Firenze, 11 settembre 2021 - Tutto il mondo ha visto in diretta, attraverso lo schermo delle televisioni, quello che stava accadendo alle Torri Gemelle nel giorno dell’attacco all’America. C’è però chi, come Andrea Lucignani, ha visto l’orrore di quei momenti non attraverso uno schermo, e a migliaia di chilometri di distanza, ma coi propri occhi. Andrea si considera “mezzo livornese e mezzo newyorkese”, perché dal 1999 vive in America. Ed è proprio dalla Grande Mela, dove attualmente vive e lavora, che ci racconta cos’è stato vivere quel drammatico 11 settembre a Manhattan.

Andrea, dov’era quel giorno?

“Era mattina presto e dovevo passare dal mio negozio di abbigliamento, attività che in quel momento stavo gestendo insieme ai miei genitori. Quando arrivai lì, un inquilino del palazzo, che conoscevo, mi disse che era successo qualcosa di incredibile: un aereo si era schiantato su una delle Torri Gemelle”.

A quel punto cosa fece?

“Mi disse di andare con lui, di salire su, a vedere cosa stava accadendo. Il palazzo aveva sei, sette piani e non aveva il tetto. Si trovava nel quartiere di Lower East Side, su Ludlow Street, nella parte bassa a est di Manhattan, a una distanza di circa due miglia, dunque abbastanza vicino al luogo dell’attentato. Una volta in cima, arrivati su quella che era una specie di terrazza, assistemmo in diretta al secondo aereo che si schiantava sull’altra torre. Rimanemmo pietrificati”.

Cos’ha pensato in quel momento?

“Ricordo che dissi: qui è finito tutto, è finito il mondo. Avevo 24 anni, provai paura e un senso di incertezza. Non sapevamo cosa stesse succedendo. Dopo poco, perché quell’attacco si consumò in breve tempo, vedemmo le due torri crollare. Allora scesi giù, nell’appartamento di questo ragazzo, a vedere le news, che parlavano di un attentato”.

Cos’è successo a New York dopo il crollo delle Torri Gemelle?

“Col fumo provocato dagli edifici si respirava male. Non è stato facile tenere le finestre chiuse, perchè d’estate a New York è sempre caldo. In più non potevamo spostarci: avevano chiuso la città, a settori, per sicurezza. In pratica non potevamo uscire dalla zona dove eravamo, se non per giustificati motivi ed esibendo un documento di identità. Io, per via del negozio, sono riuscito a muovermi, ma agli altri non era permesso. Questa specie di coprifuoco durò qualche giorno”

È riuscito a chiamare la famiglia?

“Sì, dal negozio, ma non subito, le linee erano sovraccariche. Tutto era fermo, le metropolitane bloccate. Vidi file di persone che, per rientrare a casa a Brooklyn, andavano a piedi. So di persone che abitavano in zone della città vicine alle Torri Gemelle, a cui il crollo ha provocato conseguenze devastanti. Coloro che hanno inalato quelle polveri, hanno sviluppato gravi patologie”.

Quando è riuscito a tornare in Italia?

“Avevo un biglietto prenotato settimane dopo, riuscii a cambiarlo per venire via un po’ prima, ma non è stato semplice. Tornai in Italia ma non ci rimasi molto. I miei genitori decisero però di chiudere il negozio: all’epoca si pensava che, dopo una cosa genere, la città potesse non riprendersi. C’era incertezza, non si sapeva cosa sarebbe successo, anche a livello economico”.

E invece?

“Invece la città ha reagito con una forza incredibile. Dopo cinque mesi ero di nuovo a New York, e anche se avevamo chiuso il negozio, decisione non legata all’andamento dell’attività ma all’incertezza, trovai un’altra strada occupazionale. E oggi sono ancora qui, da mezza vita oramai, al punto che mi considero mezzo livornese e mezzo newyorkese”

Com’è New York oggi, vent’anni dopo?

“I newyorkesi si sono ripresi la loro città in pochissimo tempo, si sono rimboccati le maniche e hanno reagito dimostrando una forza incredibile. Una capacità di ripresa e di reazione che invece col Covid c’è stata meno, sotto tutti i punti di vista”.

È mai passato da Ground Zero e cos’ha provato?

“Ci sono stato e ogni volta, ritornarci, mi riporta alla mente quella mattina, su quel terrazzo. Salire in cima a quel palazzo, aprire quella porta e vedere quell’aereo infrangersi contro la seconda torre, è un flash che rimarrà in me per sempre”.