
The Manhattan Transfer alla Spezia "Ecco la nostra Chanson d’amour"
di Andrea Spinelli
LA SPEZIA
Passati di palco in palco, di generazione in generazione, i ManTran si congedano dal pubblico peninsulare domani a La Spezia sotto i riflettori di quel Festival Internazionale Jazz che con le sue 55 edizioni rimane la rassegna di musica afroamericana più longeva del nostro Paese; un crocevia estivo che questa settimana vede transitare pure Stanley Clarke, Al Di Meola, Earth Wind & Fire Experience, Doctor 3 e Daniele Di Bonaventura.
The Manhattan Transfer 50th Anniversary Final Tour è infatti un titolo che lascia poco spazio alle interpretazioni come chiariscono due personalità di spicco del quartetto americano, in concerto qualche giorno fa pure alla Fortezza di Montalcino, quali Alan Paul e Cheryl Bentyne.
Cosa ricordate dei vostri esordi italiani?
Paul: "Pochi mesi dopo Umbria Jazz pubblicammo l’album Brasil con quella Soul food to go (Sina) che in Italia divenne un successo clamoroso. Non riuscivamo a crederci, come quando un decennio prima, nel ’77, la nostra versione di Chanson d’amour raggiunse il primo posto della classifica inglese spalancandoci le porte d’Europa".
Qual è per i Manhattan Transfer... il sale della vita?
Bentyne: "Il meritato riposo. Abbiamo dedicato al pubblico mezzo secolo della nostra esistenza ed è stato un processo curativo anche per le nostre anime. Il “sale“ sarà ricordare tutto questo".
Cinquanta, non più di 50...
Paul: "Ci è sembrato fosse arrivato il momento giusto per lasciare. Dopo tutto questo tempo, andare in tour per noi è sempre più difficile, stancante. E rimanere sugli alti livelli vocali a cui abbiamo abituato il pubblico, pure. Nell’ultimo anno abbiamo pubblicato un nuovo album che ci ha fruttato pure la nomination al Grammy. Questo consente di fermarci al top".
Potendo raccontare la vostra storia con due-tre dischi, quali scegliereste?
Bentyne: Probabilmente Extensions perché è quello con cui nel ’79 sono entrata nel gruppo, ma anche The offbeat of Avenues in cui ci avventurammo nella scrittura delle canzoni".
Paul: "Direi Operator del ’75 perché fu il nostro primo album, Extension perché l’arrivo di un soprano puro come Cheryl al posto di Laurel Massé cambiò il nostro modo di esprimerci".
Quanto ha inciso la scomparsa del fondatore Tim Hauser sulla scelta di fermarsi?
Bentyne: "Nulla perché al momento del suo addio, nel 2014, abbiamo trovato in Trist Curless un basso superlativo capace di portarci verso nuovi posti musicali. Solo che tutto ha una fine ed è ora di tornarcene a casa".
Il 15 dicembre terrete l’ultimo show di questo tour d’addio alla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles. Come v’immaginate quella serata?
Paul: "Carica d’emozione. In questo momento siamo troppo impegnati per pensarci, ma tutti e quattro sappiamo che sarà qualcosa di speciale".