
hybris
Arezzo, 23 marzo 2023 – Sono un connubio artistico
inimitabile nel panorama teatrale contemporaneo. Massimi esponenti del teatro di ricerca, portano in scena rappresentazioni ciniche, ribelli, innovative grazie alle
quali, nel 2018, hanno ricevuto il Leone d’Oro alla carriera alla
Biennale di Venezia. Con il loro ultimo lavoro Hybris, Flavia Mastrella e Antonio Rezza saranno in scena stasera alle 21 al teatro Petrarca. Rezza fonde in un solo corpo le capacità di attore e l’abilità del performer. Mastrella è un’artista che crea spazi scenici che sono forme d’arte.
Hybris in greco significa tracotanza, come mai questa scelta?
Rezza: «Il titolo è suggestione, rappresenta casualmente ciò
che l’opera esprime: sfidare le leggi, l’esasperazione del comportamento umano , non credendo in qualcosa di superiore per me siamo tracotanti nei confronti di uno stato che non riconosciamo».
Maestrella: «La parola descrive il nostro periodo storico, l’egocentrismo portato all’eccesso, la mancanza di rispetto dell’altro, la voglia di predominio».
In scena la porta che ha perso la stanza e il suo significato, si
apre sul nulla e si chiude sul nulla?
R: «Le prove di questo spettacolo sono iniziate 4 anni fa, involontariamente apro la porta e decido chi sta dentro e chi fuori, non sapevamo quello che sarebbe successo col Covid e lo spettacolo non ha niente a che vedere con ciò ma facciamo quello che lo stato ha fatto in modo ambiguo per due anni decidere arbitrariamente chi sta dentro e chi fuori».
M: «La porta ha due significati, ricalca il desiderio del potere togliere l’utilità alla cosa lasciando l’illusione che esista ancora, chi
subisce il potere continua ad usarla a entrare e uscire, ma non
ha senso perché non c’è la stanza, il popolo è cieco».
Affascinato dall’onnipotenza della sua immagine trasforma il
suo aspetto per raggiungere la bellezza, l’essere è prigioniero
del corpo?
R: «Il corpo è prigione soprattutto quando non funziona più, le
prigioni le creiamo noi. Gabbie naturali create da ciò che ci circonda».
M: «Oggi il corpo è in agonia lo vogliono più simile possibile al robot, lavoriamo il triplo e facciamo mille cose insieme, il corpo è
usato nella sua forma esteriore è un involucro, è mercificato».
C’è un lato tragicomico?
R: «Come in tutte le cose che facciamo fa ridere tantissimo e per
questo possiamo permetterci di essere apocalittici».
M: «Attraverso l’ironia si cresce, la tristezza abbatte l’uomo».
Quale habitat per lo spettacolo?
R: «Una stanza frigorifera molto suggestiva che racchiude l’azione di 8 attori».
M: «Una porta che non ha stanza, un’atmosfera gelida, ci sono attrezzi per mantenere in forma il corpo, è un habitat dettato dalla
sofferenza non dalla fantasia, anche se è buffo».
Collaborate da 35 anni che significa essere un connubio simile?
R: «Ci riusciamo perché se uno ha talento riesce a non replicare
quello che fa ma si rinnova».
M: «Manteniamo la nostra libertà creativa, lavoriamo insieme ma
ognuno fa esperienze parallele».
Mai stati ad Arezzo?
R: «Varie volte, con Hybris è la prima»
M: «Ci venivo sempre da giovanissima avevo degli amici qui»