Gli orfani di femminicidio: "Soli e senza aiuti concreti"

Prato, coppia di nonni ha adottato la nipote: "Dobbiamo stare attenti alle spese"

Infanzie negate. Vite nella tormenta dei sentimenti e nei lacci della burocrazia. Sono gli orfani di femminicidio, vittime come le loro madri, ma troppo spesso dimenticati. Restano invisibili. Eppure, nonostante l’assenza di dati ufficiali, si stima che in Italia siano attualmente oltre duemila. Ad alcuni anni dall’orrore per la morte della figlia, una coppia di nonni materni affidatari di una bambina raccontano come hanno dovuto imparare in fretta a diventare genitori della nipote. Indispensabili, ma soli. Con lo sguardo distratto e complicato della società.

La vostra vita squarciata dal dolore per la tragica morte della figlia senza avere il tempo di piangere, perché c’è da sorridere alla nipote. Come si impara a farcela?

"La nostra forza è proprio la nostra piccola. Ogni giorno è per lei. Alla nostra non più giovane età abbiamo dovuto imparare a fare i genitori della nipote, ad affrontare le ansie prima che potessero diventare le ansie della bambina. E’ stata una strada in salita con tanti problemi da risolvere".

Chi vi ha aiutato in questo cammino?

"Siamo stati molto soli, tranne il conforto di conoscenze. Nell’immediato il sostegno psicologico ci è arrivato grazie ad una persona amica che ci ha messo in contato con un’associazione e con una professionista. Poi avvocati, consulenti. Abbiamo perduto nostra figlia quando uno di noi due era già in pensione, mentre l’altro ancora lavora. Abbiamo cominciato a fare uno scrupoloso conto

delle entrate e delle uscite".

Avete potuto usufruire della legge che da pochi anni tutela gli orfani di femminicidio?

"Non è stato facile arrivare a questo piccolo traguardo. Lungaggini burocratiche, carte su carte da firmare. Ora da oltre un anno possiamo contare su un contributo mensile di trecento euro, ma sappiamo che dovremo affidarci soprattutto alle nostre risorse per garantire un futuro di tranquillità economica a nostra nipote".

Sentite il peso di essere il punto di riferimento privilegiato per vostra nipote?

"Non è mai stato un peso, perché senza di lei saremmo stati perduti, immersi nel nostro disperato dolore. E’ innegabile e comprensibile che lei si fidi e si affidi a noi come avrebbe fatto con la sua mamma. Ma noi non ci saremo per sempre. Lei cresce e noi invecchiamo. Ci vorrebbe una rete sociale più solida".

Alla piccola cosa avete raccontato?

"Abbiamo detto che la mamma è andata in cielo, una stella. Lei non si è resa conto. Vogliamo che cresca serena e gioiosa.

Ma, ora, da anziani, ci spaventa lasciarla da sola"

Marilena Chiti