Buttare via la chiave, ma non per sempre

Nel ritenere incostituzionale l’ergastolo ostativo la Corte costituzionale ha dato al Parlamento il compito di modificarlo. Il governo è intervenuto innalzando da 26 a 30 anni il mimino di tempo prima di poter chiedere l’accesso ai benefici

Pecore Elettriche

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Firenze, 22 gennaio 2023 - "Sono fiera del fatto che il primo provvedimento del governo che presiedo sia stato sul carcere duro”, ha detto Giorgia Meloni dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. L’esultanza per l’arresto del boss mafioso è comprensibile, molto meno il grossolano errore in cui la presidente del Consiglio è incorsa. Il governo non è intervenuto sul 41 bis, cioè il carcere duro, che nessuno mette in discussione, ma sull’ergastolo ostativo, che è un’altra cosa.

Il 41 bis riguarda reati di mafia, l’ergastolo ostativo comprende anche altre fattispecie di reato, non necessariamente di tipo mafioso. “Se oggi non corriamo rischi dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro di regimi carcerari meno rigidi è perché quell’istituto fortemente voluto da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è stato difeso dai provvedimenti del governo”. No: il governo è intervenuto nel decreto anti rave per rilanciare l’ergastolo ostativo, inasprendolo. Ma mentre il 41 bis riguarda i condannati per mafia sottoposti a un regime di detenzione rigidissimo, l’ergastolo ostativo è una misura del regime penitenziario previsto dal nostro ordinamento che esclude dall’applicabilità dei benefici penitenziari gli autori di certi reati particolarmente gravi, come quelli di mafia, nel caso in cui il soggetto condannato non collabori con la giustizia.

Secondo la Corte Costituzionale, l’ergastolo ostativo è incostituzionale - in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, nonché con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu). L’articolo 3 della Costituzione riguarda la pari dignità sociale, mentre l’articolo 27 stabilisce che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. L’articolo 3 della Cedu invece “proibisce la tortura e il trattamento o pena disumano o degradante”. Nel ritenere incostituzionale l’ergastolo ostativo, però, la Corte ha dato al Parlamento il compito di modificarlo. Ed è qui che il governo è intervenuto, per esempio innalzando da 26 a 30 anni di carcere il mimino di tempo trascorso in prigione prima di poter chiedere l’accesso ai benefici penitenziari.

Meloni aveva già presentato il rilancio dell’ergastolo ostativo come un duro colpo nella lotta alla mafia, un frame prezioso perché facilmente spendibile nell’elettorato: con noi i mafiosi stanno in galera. La realtà è come al solito più complessa di come viene descritta. La Cedu ha già condannato l’Italia per l’ergastolo ostativo, perché contrario alla Costituzione. Secondo la nostra Carta infatti, la pena deve avere una funzione rieducativa, non afflittiva. E non c’è niente di rieducativo nel buttare via la chiave. Il fine pena mai è incostituzionale, lo ha ripetuto per anni anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio. “Un’eresia contraria alla Costituzione. Spiace per chi a destra la pensa così, ma il punto è evidente: il fine pena mai non è compatibile, al fondo, con il nostro Stato di diritto”, ha detto Nordio, ministro di orientamento liberale, sempre a rischio commissariamento.

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