La stagione teatrale di Cavriglia chiude con una pièce su Falcone e Borsellino

Sarà messa in scena domenica sera. Lo spettacolo è di Giulio Cavalli.

Falcone e Borsellino

Falcone e Borsellino

Arezzo, 20 maggio 2022 - Si chiude il sipario sulla stagione teatrale di Cavriglia e l’amministrazione comunale, in concomitanza con il 30° anniversario della strage di Capaci, nella quale persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie e tre uomini della scorta, ha deciso di lanciare un forte messaggio di impegno sociale. Sarà infatti messa in scena domenica sera la pièce “Falcone, Borsellino e le teste di minchia 30 anni dopo” di e con Giulio Cavalli. Il titolo dell’opera nasce da una frase che Borsellino scrisse a Falcone qualche tempo prima dell’attentato. La definizione di “teste di minchia” altro non è che, in questo caso, un sinonimo di sognatori, per l’appunto loro due, che provarono a sconfiggere la mafia applicando la legge. Giulio Cavalli è uno scrittore, un drammaturgo, un attore, un regista teatrale ed un politico: nei suoi testi ha scritto del G8 di Genova, dei segreti di Giulio Andreotti, dell’abominio del turismo sessuale e appunto, anche di mafia e malavita. “Falcone, Borsellino e le teste di minchia 30 anno dopo” è un ricordo di alcuni eroi ed un atto di accusa preciso, che a distanza di trenta anni rinnova la memoria dei magistrati, delle famiglie e delle loro scorte.

“La Giunta Municipale di Cavriglia è, da sempre, fortemente sensibile ai temi legati al rispetto della legalità e dell'antiviolenza – esordisce il Primo Cittadino Leonardo Degl'Innocenti o Sanni – Per questo motivo abbiamo accolto con convinzione la proposta di Fondazione Toscana Spettacolo nel voler chiudere la Stagione Teatrale di Cavriglia, domenica 22 maggio, con la rappresentazione “Falcone, Borsellino e le teste di minchia”. Pensiamo, infatti, che coniugare la cultura con il ricordo possa essere un ottimo strumento per muovere nei giovani e nei meno giovani, una coscienza della legalità che sta alla base dell'ordine e della vita pubblica.” Sono passati trent'anni da quando la Sicilia e l'Italia tutta venne scossa, a distanza di pochi giorni l'una dall'altra, dalle notizie della morte dei giudici Falcone e Borsellino. Due uomini coraggiosi, ironici, due amici che avevano fatto della lotta alla mafia, alla violenza ed alla corruzione la loro ragione di vita e che, proprio per mano mafiosa, trovarono la morte in due diversi attentati dinamitardi, che provocarono la perdita anche di alcuni agenti della scorta e della moglie di Falcone. Loro non amavano essere definiti eroi, volevano semplicemente essere due uomini a servizio di quello Stato virtuoso del quale si ritenevano servitori.