Fabbriciani e la telefonata di Camilleri: "Voglio debuttare con te e il tuo flauto"

In scena al teatro Greco di Siracusa davanti a quattromila persone per la prima e unica messa in scena di "Conversazioni su Tiresia" ora al cinema. Il flautista aretino si racconta

Roberto Fabbriciani

Roberto Fabbriciani

di SILVIA BARDI

Arezzo 7 novembre 2018 - Una telefonata inaspettata, soprattutto quando dall’altra parte c’è una voce inconfondibile come quella di Camilleri. E’ il 20 maggio e lo scrittore “padre” del commissario Montalbano chiama il flautista aretino Roberto Fabbriciani perché vuole debuttare come attore con lui e il suo flauto al teatro Greco di Siracusa l’11 giugno nella prima e unica messa in scena di “Conversazioni su Tiresia”. Un evento diventato un film, appena uscito nelle sale italiane, e che a marzo sarà anche un libro pubblicato da Sellerio. “Naturalmente mi ha colto di sorpresa - confessa Fabbriciani presentando il film al pubblico aretino al cinema Eden intervistato da Barbara Perissi - non ci ho dormito per giorni ma la cosa mi affascinava. Ho letto il testo, meraviglioso, ho studiato la partitura e la voce di Camilleri, così profonda”. Poche prove e subito in scena, buona la prima perché lì non puoi correggere, tornare indietro, rifare, davanti a quattromila persone, compreso Luca Zingaretti camuffato sotto un cappello con visiera.

“Per fortuna nella mia carriera ho avuto molte occasioni di duettare con scrittori, attori, poeti come Luzi e Montale, filosofi come Cacciari. Poi Camilleri mi ha confessato di essere un mio ammiratore, che mi ascolta sempre alla radio, mi ha fatto molto onore. L’ho avvisato che avrei usato suoni innovativi, che avrei sperimentato, ma lui già sapeva e ha accettato”. E’ nata una nuova coppia “non abbiamo provato molto perché con Fabbriciani ci siamo capiti subito e lo ringrazio per la sua eleganza” ha detto Camilleri in un’intervista, e non è escluso che dalla penna dello scrittore e dal flauto del maestro non nasca un nuovo progetto. Ma intanto il viaggio nel mito di Tiresia continua, alla scoperta di questo indovino cieco, presente in tutta la storia della letteratura, citato da Omero, Sofocle, Seneca, Dante, Eliot, Apollinaire, Virginia Woolf, Borges, Pound, Pavese, Primo Levi, da Woody Allen che lo fa apparire nel film “La dea dell’amore”, da Pasolini nell’Edipo Re e anche dalla musica dei Genesis che con “The Cinema Show” accompagnano l’ingresso di Camilleri sul palcoscenico. La persona Camilleri diventa il personaggio Tiresia, anche lui cieco, si racconta in prima persona in continui salti nel tempo, dall’antico ieri all’oggi, si diverte e si danna di essere stato una donna per sette anni, e si proietta nel futuro, anzi nell’eternità, quando augura a sé e al pubblico di rivedersi fra cent’anni.

Buona la prima, dicevamo, per uno spettacolo che dopo il cinema andrà in televisione, dove la musica è coprotagonista, riempie gli spazi, respira con l’attore-scrittore, sottolinea le parole, crea la scenografia del racconto. “Nel cinema ho lavorato con Rota e Morricone - ricorda Fabbriciani - ma qui era tutto dal vivo, in diretta, senza incisioni o correzioni, un valore aggiunto e una serie di rischi che mi hanno regalato una grande emozione. Sì, perché la musica qui non è un tappeto o una colonna sonora, è concertante Non è un accompagnamento musicale, qui il suono rafforza la parola, la drammaturgia, dà potenza al messaggio. Poi la voce di Camilleri è grave, anche per il fumo, è profonda, ricca di armonici, è un flauto basso che ho studiato scientificamente e ho cercato di rendere musicalmente. E’ un grandissimo comunicatore, ricordiamoci che è stato professore all’accademia di recitazione”. Una lunga carriera quella di Fabbriciani, un’agenda di contatti che basterebbero a creare decine di stagioni teatrali e concertistiche e grandi eventi. Ha lavorato al cinema, a teatro, ha tenuto concerti in tutto il mondo e in luoghi decisamente singolari come il teatro Epidauros o nella Cattedrale di sale dentro la miniera in Colombia, ha scritto un libro sulla sua esperienza teatrale e musicale, “Il flauto in scena”, “ma il momento più bello - confessa - è quando si suona, si comunica si dà un messaggio. Amo rischiare, rischio sempre, sarebbe grave non lo facessi. Il miracolo avviene quando si è rischiato e si è riusciti, io ci provo sempre, sia in un teatro grande come quello di Siracusa con 4mila persone sia in un teatro piccolo. Il mio maestro (Severino Gazzelloni ndr) diceva sempre che due persone sono già pubblico”.