Oro, timidi segnali di risveglio: ferie più corte in ditta ma l'export non riparte

Nelle aziende stop solo 2 settimane. L’obiettivo realistico è di contenere le perdite di fatturato tra il 40 e il 50%i. Occhio rivolto a settembre e alle fiere d’autunno

L'oro ancora al palo

L'oro ancora al palo

Arezzo, 4 agosto 2020 - Un pizzico di ripresa, giusto una spruzzata ma senza esagerare. E con un segnale incoraggiante: nella quasi totalità delle aziende orafe le ferie scatteranno solo a partire da sabato 8 agosto, con rientro al lavoro lunedì 24, due sole settimane invece delle tradizionali tre delle scorse estati. Non siamo allo stop di soli sette giorni annunciato dalla UnoAerre, che è un po’ la mosca bianca nell’ambito del settore orafo avendo produzioni dedicate a diverse filiere, ma è la conferma che qualcosa si sia muovendo e che nei reparti si produce.

A scartamento ridotto ma si produce, non fosse che per accontentare un singolo cliente e far capire che Arezzo non ammaina la bandiera. Certo, la situazione generale non è confortante e i minimi segnali di ripresa appena leniscono le profonde ferite inferte dai mesi del blocco. Irrecuperabili le perdite nell’annata più nera della storia per l’oro e per le esportazioni nel complesso.

L’attenzione è puntata su settembre, quando ripartono gli eventi anche se con formule diverse: a Vicenza, ad esempio, non si parla più di fiera perché la manifestazione si chiama «Voice», ma è comunque un punto di ripartenza che fa ben sperare anche per Gold Italy.

Tutti piccoli tasselli sperando in una fine d’anno meno drammatica. Le attese sono naturalmente al ribasso e lo sanno perfettamente anche le associazioni degli orafi, da Confindustria a quelle artigiane.

L’obiettivo è di chiudere l’anno con una perdita oscillante tra il 40 e il 50%: pare incredibile che ci si accontenti di questo ma gli effetti della pandemia sono stati devastanti e quella sarebbe comunque una base da cui impostare il rilancio. Base minima, intendiamoci, per tenere in qualche modo a galla il settore economico principale di Arezzo e provincia.

Circa milleduecento sono le aziede dell’oro che danno lavoro a quasi diecimila addetti: un gigante capace in tempi normali di creare quattro miliardi di export, saccheggiati dal Covid che nel lockdown ha mandato ottomila persone in cassa integrazione. L’export rimane il punto dolente. E’ infatti legato a doppio filo ai voli aerei verso i principali hub mondiali, a cominciare da Dubai e Honk Kong.

Ma i voli non sono operativi, a Hong Kong i problemi del virus si incrociano con le incertezze politiche mentre a Dubai le politiche sanitarie impongono misure strettissime. Morale della favola, niente aerei e senza vettori le merci non partono. Si infrangono così i pur timidi approcci con i tradizionali riferimenti internazionali.

Resta aperto il canale on line che sta dando buoni frutti con una crescita in questi mesi di poco superiore al 30%: tanto in termini relativi, certamente non sufficiente in valori assoluti. Insomma, l’oro continua a essere in grande sofferenza e basta parlare con gli imprenditori per rendersi conto di come il quadro resti compromesso.

Allo stesso tempo però il patrimonio di affidabilità che il distretto aretino si è costruito nel tempo ha consentito di tenere aperte molte porte: da qui la produzione che non si ferma, la settimana in meno di ferie, i tradizionali rapporti con la clientela rimasta fedele e interessata, la speranza per un ultimo quadrimestre che regali al settore un po’ di fiato