Manifattura a picco, 800 posti persi: è l'oro a soffrire di più

Gli effetti Covid sull’occupazione: 8 mila ibernati nella cassa integrazione Lavoro a - 27%, con la provincia più colpita del capoluogo. I numeri: peggio solo Firenze e Pisa

L'emergenza Covid ha pesato sulla creazione di nuovi posti di lavoro

L'emergenza Covid ha pesato sulla creazione di nuovi posti di lavoro

Arezzo, 2 dicembre 2020 - Il Covid si è già mangiato ottocento posti di lavoro della manifattura aretina, mentre il decuplo, 8 mila, erano ancora ibernati al 30 settembre, ultima statistica disponibile. Mentre la seconda ondata del virus si va lentamente esaurendo, l’Irpet, l’istituto regionale di programmazione e studi economici, fa i conti della prima, quella della primavera con riflessi che sono arrivati fino all’estate.

I numeri, ahinoi, sono già pesanti, anche a non voler considerare gli effetti del ritorno di fiamma autunnale, che si vedranno solo fra qualche settimana o qualche mese. Arezzo, una delle capitali manifatturiere della Toscana, la prima per valore pro-capite, è tra le province che pagano il dazio più pesante, come era inevitabile, in particolare nel settore orafo, congelato ben oltre il lockdown finito per l’industria il 3 maggio.

Le unità di lavoro (che non sono esattamente le persone fisiche ma un equivalente statistico) perse definitivamente o in maniera provvisoria sono quasi 9 mila (8.900 a voler essere il preciso), ma per la maggior parte concentrate in cassa integrazione (8 mila e spiccioli appunto). All’Irpet ritengono però che sia già un indice di sofferenza, perchè la previsione è che non tutti quelli che per ora si sono salvati con gli ammortizzatori sociali riusciranno alla fine a mantenere un posto.

Per dare un termine di raffronto, solo Firenze (22 mila unità di lavoro in meno) e Pisa (9 mila in meno) perdono più occupazione, assoluta o momentanea, entrambe le province però sono più popolose della nostra (Firenze il triplo), il che vuol dire che in termini procapite gli aretini sono nel picco più alto della crisi del lavoro. In particolare nel settore metalmeccanico, specificano all’Irpet, che qui significa essenzialmente gioielli.

Infatti, sempre secondo lo studio, le 800 unità di lavoro sparite (quindi non i cassintegrati) sono concentrati in quel comparto. Col blocco dei licenziamento in atto per i contratti a tempo indeterminato, significa probabilmente che molte aziende non hanno confermato i contratti a termine e le altre forme di lavoroatipico. Che è una caratteristica dei periodi di crisi: a pagarli per primi sono i più precari.

Ad Arezzo siamo a un 27,5 per cento in meno di unità di lavoro equivalenti, contro una media toscana del 25. Il 25 è fatto di cassa integrazione, il 2,5 per cento residuo di posti persi una volta per tutte. L’Irpet ha fatto anche una stima comprensorio per comprensorio. Quello del capoluogo è in provincia il meno toccato, con un meno 21 . Peggio è andata a Sansepolcro (meno 25, a Montevarchi (meno 31 e qui c’è di mezzo la moda) e Bibbiena (meno 33)