
piovani
Arezzo 17 ottobre 2015 - «CONOSCO AREZZO: l’ho frequentata in passato, avevo degli amici aretini. E lunedì, se ne avrò tempo, visiterò la basilica e le Storie della Croce». Torna Nicola Piovani, dove Benigni ha girato «La vita è bella», il suo premio Oscar per la musica. Torna per il festival degli Amici della Musica in omaggio a Benedetti Michelangeli, con il concerto «La musica è pericolosa» domani alle 21 all’auditorium di Arezzo Fiere.,
Per Fellini la musica è pericolosa per le emozioni che suscita. E per lei?
«È pericolosa come lo sono le cose belle, quelle profondamente belle. La bellezza, se non è superficiale, ti cambia intimamente, ti emoziona, ti modifica la visuale del mondo. E ti mette anche a rischio naufragio. La bellezza delle grandi musiche, delle grandi opere d’arte. La bellezza degli innamoramenti adolescenziali, che sono sempre a rischio naufragio».
La musica è più potente delle parole?
«Per non equivocare, la musica comincia là dove la parola da sola non può arrivare. La musica è emotivamente immediata, ma è priva di contenuti e può essere usata per rafforzare un’idea giusta, ma anche per imbrogliare le carte. La musica di Beethoven ha accompagnato grandi tappe della liberazione dell’uomo, è l’inno del sogno di un’Europa democratica e affratellata. Ma risuonava anche nei convegni nazisti».
Nel suo libro "La musica è pericolosa" parla di una fonovaligia. Che cos'è?
«Una fonovaligia oggi è un pezzo d’antiquariato, ma quando ero bimbo era una novità supertecnologica: era una valigia che nel coperchio avena un altoparlante e nel vano principale un giradischi. La musica diventava trasportabile, anche se a fatica. Era l’alternativa ai vecchi grammofoni grandi e inamovibili. È stata la reginetta di tante feste da ballo giovanili, chi ne possedeva una era molto ricercato».
Cosa cambia tra comporre secondo la propria ispirazione o comporre per un film?
«Se scrivo per un film, cerco di entrare il più possibile dentro la poetica del suo autore, cioè il regista. Se scrivo per un mio concerto, o concerto-spettacolo come quello di domani sera, devo obbedire a una mia poetica interna che è sì libera e senza condizionamenti, ma spesso molto severa e faticosa».
Il regista che le ha reso la vita più difficile.
«Quello - quelli - con cui ho interrotto il lavoro. Perché se non c’è sintonia, lavorano male sia il musicista, sia il regista. Se lavoro con un regista artista autetico, alla fine quello che lui ha dato a me è più di quello che io ho dato a lui».
Come è nato il trio vincente Cerami-Piovani-Benigni?
«Con Cerami ho lavorato tutta una vita, cinema, teatro, canzoni, e Benigni, che sul piano personale conosco da tanto, mi ha chiamato per uno spettacolo nel 1995. Da allora abbiamo collaborato spesso e i lavori che facciamo sono anche occasioni per frequentarci. L’aneddoto lo racconto nel mio libro e lo illustro nello spettacolo. Riguarda la scrittura a sei mani della canzone “Quanto t’ho amato”, nata come parodia affettuosa di una canzone d’amore all’antica e poi diventata una vera canzone, che ci ha dato molte più soddisfazioni di quelle che ci aspettavamo».
Ha avuto un maestro?
«Ho avuto tanti maestri. In senso stretto il grande compositore greco Manos Hadjidakis. In senso lato, dei maestri non solo di musica ma di teatro di arte e di vita: Carlo Cecchi, Silvano Agosti, Elsa Morante, Fabrizio de André, Federico Fellini. Per vie diverse, con distanze siderali, tutti loro mi hanno indicato un’unica via: quella della libertà mentale, nel vivere e nel fare musica. Ma a volte i maestri sono quelli che manco lo sanno, perché non li hai mai incontrati. Per esempio gli scritti di Fedele D’Amico. Per farle un altro esempio, ho parlato recentemente col maestro Riccardo Muti e ho capito delle cose della musica insospettate e illuminanti. Quando si dice un maestro!».
Cosa ascolterà il suo pubblico domani sera?
«Ascolteranno alcune tappe illustrate di un mio viaggio musicale che coinvolgono Fellini, De André, Benigni, Cerami, Mastroianni. Ascolteranno, oltre ai miei racconti, i suoni dell’ensemble Araceli: Rossano Baldini, Marina Cesari, Pasquale Filastò, Ivan Gambini, Marco Loddo. E i suoni del mio pianoforte».
Cosa sarebbe un film o la vita senza la musica?
«Film senza musica ce ne sono, anche grandi film, quelli di Bunuel per esempio. Ma una vita senza musica non riesco proprio a immaginarla».
Silvia Bardi