GAIA PAPI
Cronaca

Vigili del fuoco morti: "È una battaglia di verità. L’ho promesso al babbo"

Parla Matteo Ralli, figlio di Antonio, il vigile morto per il tumore al cervello "Ho visto mio padre prosciugarsi ora vogliamo chiarezza sui Pfas".

Matteo Ralli, figlio di Antonio, il vigile del fuoco morto per il tumore al cervello

Matteo Ralli, figlio di Antonio, il vigile del fuoco morto per il tumore al cervello

"Ci diceva sempre che sarebbe andato in Portogallo a godersi la pensione. Ecco, io lo penso a Lisbona, a divertirsi, a star bene. Non ci credo ancora che babbo non ci sia più". Matteo Ralli, figlio di Antonio è stato il primo tra i famigliari dei tre vigili del fuoco aretini morti per lo stesso tumore raro al cervello, a iniziare ricerche e studi. Lo ha fatto soprattutto per lui, a cui aveva fatto una promessa.

"Da anni ci diceva che troppi vigili del fuoco si stavano ammalando. E lui stesso era convinto che si sarebbe ammalato, penso fosse il primo sintomo del tumore. Fatto sta che, quando nel 2022 l’esposizione professionale del vigile del fuoco venne classificata come cancerogena, mio babbo decise che si sarebbe impegnato in questa battaglia, creando una commissione e aiutando con un contributo economico le persone che si dovevano sottoporre a cure. Ma poi è arrivato il tumore

"E’ stata una lotta contro il tempo, abbiamo provato di tutto" racconta Matteo ricordando Antonio. "Una persona straordinaria. Quello del vigile del fuoco era il lavoro perfetto per la persona perfetta". "Babbo era il più anziano dei tre. Era del ‘55, aveva 60 anni quando è andato in pensione. Le analisi che aveva fatto anche recentemente erano perfette. Poi sono arrivate le prime avvisaglie. Mi dice che gli era caduta di mano la bottiglia dell’acqua e il bicchiere. Il giorno del mio compleanno, durante il pranzo con i parenti, gli cadde la torta. Da lì è stato un continuo. Batte la macchina, ci dice "se voglio andare a destro vado a sinistra". Poi la mattina del 30 giugno non riesce ad alzarsi dal letto. Chiamo mio sorella, che è medico, e andiamo all’ospedale" continua a raccontare Matteo tutto d’un fiato. Ad Arezzo il radiologo nella tac vede il tumore, "Ci consiglia di andare a Milano, e così facciamo. Dopo dieci giorni la risposta, si trattava del glioblastoma di IV grado. Non era operabile, speravamo che chemio e radio avrebbero fatto il loro lavoro. E invece il babbo è andato avanti con cortisone. L’ho visto prosciugarsi. Non riconoscevo più le sue gambe forti e muscolose da ex calciatore. Poi sono partiti gli attacchi epilettici. Inizia il calvario". E’ il 16 agosto, Antonio comincia a perdere la memoria a breve termina. Non riconosce i figli, non si ricorda i nomi "A metà novembre il secondo attacco epilettico, che lo rende cieco. Ma lui è un leone, lotta. Si entrava e si usciva dall’ospedale di continuo, abbiamo trascorso 60 giorni al San Donato. Poi babbo è stato ricoverato all’Hospice di Agazzi. Abbiamo realizzato che era alla fine. Volevamo portarlo a casa, ma non sarebbe stato facile. Mamma è sempre stata con lui, fino all’ultimo: il 14 dicembre" continua a raccontare. "Non abbiamo nemmeno avuto il tempo di reagire, è stata una sentenza di morte fin da subito. Quello che ha passato babbo non lo auguro a nessuno, è stata una cosa indegna. L’unica mia consolazione è la promessa che gli ho fatto. Che avrei portato avanti la sua battaglia, era felice".

E poi la scoperta. Nella camera ardente vengono le famiglie di Marraghini e Ponti. Scopriamo essere morti tutte e tre per il solito tumore. Comincio a raccogliere letteratura sulle schiume, sulle divise. Ci sono studi, ma non dati schiaccianti. In più non ho dati del babbo, non avendo fatto analisi. Con Alessio, figlio di Mario Marraghini, l’11 dicembre apriamo la causa di servizio. Non ci interessa l’indennizzo economico; questo è l’unico strumento per spingere il ministero a fare una indagine. Pur sapendo che le cause di servizio dei pompieri fino ad ora hanno contemplano solo i classici infortuni meccanici. Ci aspettiamo una risposta negativa. Ma vale tentare per chi ancora è un vigile e per chi ha avuto un famigliare morto per lo stesso tumore. Intanto c’è il quarto caso, è un vigile umbro e ha lavorato due anni a Bibbiena".