Liletta Fornasari Per parlare di Giorgio Vasari, la cui fama è soprattutto legata alle due edizioni delle Vite de più eccellenti pittori, scultori et architettori, la torrentina nel 1550 e la giuntina nel 1568, è indispensabile ricordare che egli è stato anche un pittore di successo e un architetto geniale, -basti pensare agli Uffizi,- oltre che collezionista di disegni e fondatore nel 1563 a Firenze dell’Accademia del Disegno. Già nel 1536 l’amico Pietro Aretino definiva Giorgio Vasari “historico, poeta, philosopho e pittore”, che fu celebre a Firenze, a Roma, a Bologna, a Venezia, dove per la prima volta giunse nel 1541 poiché ingaggiato dall’Aretino, a Napoli, a Rimini e a Ravenna. Considerando come portentosa sia stata la sua ascesa sociale da “borghese ragazzo di provincia” a pittore di corte, dopo avere ottenuto nel 1554 la protezione di Cosimo I de’ Medici e come la sua figura rappresenti un esempio di unitarietà di intenti in cui coincidono l’artista, il letterato, lo storico e il cortigiano, possiamo affermare che Giorgio Vasari è stato protagonista assoluto del Cinquecento, nonché figura paradigmatica della seconda maniera e autore di un’attività artistica senza confini. Nella grande parete dipinta dal De Carolis nel Palazzo della Provincia di Arezzo Vasari non per caso appare in primo piano, affiancato dall’Aretino, abbigliato elegantemente e in atto di tenere in mano destra un pennello e nella sinistra una tavoletta appoggiata sulla gamba destra. Sebbene il volto richiami quello del ritratto tardo, oggi agli Uffizi e attribuito da Alessandro Cecchi a Iacopo Zucchi, -importante collaboratore del nostro-, nell’immagine del De Carolis manca la catena d’oro che, presente anche nel busto marmoreo del Museo di Casa Vasari, è dovuta al fatto che papa Pio V, eletto al soglio pontificio nel 1566, lo nominò cavalier dello Spron d’oro. Oltre ad una grande sicurezza in se ...
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