
L’immagine dell’aereo nella base Nato di Sigonella circondato in prima fila dai carabinieri italiani è ormai uno dei ritratti iconici che va per la maggiore, soprattutto in questo periodo. A quell’immagine si accosta un’influenza decisa dell’Italia nello scacchiere internazionale, a quell’immagine si accosta Bettino Craxi leader socialista morto ad Hammamet ventidue anni fa. Morto da esule perseguitato dalla giustizia per qualcuno, latitante che sfuggiva ai processi di Mani Pulite per altri.
Oggi al leader del garofano è stata intitolata una strada in città che come per destino si incrocia con via Nenni. E’ solo una strada verrebbe da dire, ma in realtà è un simbolo che ad Arezzo riassume un pezzo di storia politica importante. L’influenza del partito socialista in città è stata fortissima fino agli ‘90, non il primo partito certo, ma quel ruolo "terzo" che ha garantito stabilità e crescita. Socialista era Aldo Ducci, per 23 anni alla guida della città, probabilmente il politico più importante e influente del dopoguerra. Nel 1990 lo sostituì Valdo Vannucci, anche lui socialista, ma poi, come noto, in quegli anni la storia del partito socialista finì tra le aule del palazzo di giustizia milanese. Una eredità che in città si distribuì tra la sinistra e la nascente Forza Italia. Non è un caso che oggi a rallegrarsi della nuova strada sia il capogruppo di Forza Italia Jacopo Apa e nemmeno che l’iniziativa di intitolare una strada a Craxi sia stata avanzata nel 2007 dal consigliere comunale del Psi Giovanni Pelini.
Una proposta che allora trovò sostegno bipartisan, ma sdegno da parte di rifondazione comunista "La sconfitta politica di Bettino Craxi si chiama Tangentopoli. Qualcuno vuole rimettere in discussione l’inchiesta Mani pulite", disse Alfio Nicotra prima di annunciare il suo voto contrario. La targa non è ancora sta inaugurata e proprio il consigliere di Forza Italia ha annunciato l’organizzazione di una cerimonia. "Abbiamo già avvisato la figlia Stefania Craxi e l’abbiamo invitata a essere presente", ha detto Apa. Diego D’Ippolito