GAIA PAPI
Cronaca

"Sulle strade si continua a morire". L’amarezza del comandante Poponcini. Cambiano le leggi ma gli incidenti no

"Manca una cultura della guida: vedo in monopattino bambini senza casco con i genitori, un’assurdità". Si commuove ancora davanti alle tragedie. "Quando vedi una vittima senti di non aver fatto abbastanza".

Il comandante della polizia municipale Aldo Poponcini

Il comandante della polizia municipale Aldo Poponcini

Di fronte all’ennesima tragedia della strada, il comandante Aldo Poponcini non si nasconde. Dopo 44 anni di servizio, confessa amarezza e disillusione: "Non sono riuscito a far calare in modo sensibile il numero degli incidenti nel mio Comune". Arezzo si affaccia all’estate con un bilancio che pesa: incidenti in aumento, spesso gravi, a volte mortali. Il comandante Poponcini, intervistato a margine di un tragico sinistro, fotografa con lucidità e dolore la situazione. "Con l’inasprimento del codice della strada (Legge 25 novembre 2024, n. 177) ci si aspettava una frenata. Parlo delle norme più severe su guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di droghe. Ma no, gli incidenti non calano. E non sempre c’entrano l’alcol o le droghe. Le cause sono tante: distrazione, velocità, disattenzione, mancato rispetto delle regole. Ma il punto vero è culturale". Un messaggio che Poponcini ha ripetuto ovunque, dai giornali alle scuole, fino alla tv. "Io ci provo da anni: parlo ai bambini, mi rivolgo alle famiglie, faccio educazione stradale. Ma sembra tutto inutile. Le mie parole vanno al vento. Domenica scorsa ho visto un uomo di 52 anni, motociclista esperto, in arresto cardiaco. Non si può essere contenti del proprio lavoro in questi casi".

I numeri parlano chiaro: "Non siamo mai scesi sotto i 750 incidenti l’anno ad Arezzo. Siamo sempre lì: tra gli 800 e i 900. E attenzione, non contiamo solo i morti. Parliamo di prognosi riservate, invalidità permanenti. In almeno il 40% degli incidenti con feriti ci sono lesioni importanti". E le infrastrutture? Incidono, certo. "Le strade di Arezzo non sono adatte all’intensità del traffico moderno. Servirebbero corsie più larghe, percorsi differenziati, sicurezza vera per gli utenti più deboli. Ma non si può rifare una città vecchia come si fa in Olanda o in Lussemburgo. Là progettano le piste ciclabili prima delle case. Noi arriviamo dopo, quando lo spazio è già finito". Poponcini scuote la testa anche davanti al boom di monopattini e comportamenti irresponsabili: "Vedo genitori col bambino a bordo, senza casco. Allora: o sono incoscienti, o vogliono piangere. E prima o poi, piangeranno".

A pesare davvero, dice, è la mancanza di rispetto. Per gli altri, per le regole, per la vita. "Quando mi chiedono come si fa a tutelare i più deboli, rispondo con una sola parola: rispetto. Rispetto per gli anziani, i bambini, le donne, i pedoni. Ma oggi nessuno sorride più, nessuno saluta. La rabbia è ovunque. E la strada la riflette". In 44 anni sulle strade, Poponcini ha visto tutto. Ma ciò che manca ancora è l’essenziale: "Una cultura della guida che metta al centro la vita. La propria, ma soprattutto quella degli altri. Finché non ci sarà questo, le norme più dure non basteranno". E la sua voce si spezza quando ricorda: "Io non sono un uomo d’ufficio. Io arrivo sul posto. E quando trovi una vittima a terra, capisci che non hai fatto abbastanza". Un’ammissione onesta, umana. E una chiamata, ancora una volta, alla responsabilità collettiva.